Leggi le nostre risposte alle domande più frequenti e scopri come la pensiamo.
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Chi rappresentate?
Chi intende rappresentare la vostra Lista di Impegno Civile?
Ci rivolgiamo, com’è giusto, a tutti i marchigiani. Sappiamo comunque che le nostre proposte sono attente soprattutto ai bisogni delle fasce più deboli, ai ceti medi che si stanno impoverendo, a tutti coloro che non vogliamo restino indietro.
Intendiamo dare rappresentanza, in uno scambio fecondo e bidirezionale, a quella società civile che patisce lo scollamento tra politica e territori, istituzioni e cittadini.
Crediamo di poter dar voce a molti marchigiani che alle elezioni si astengono, che sono delusi dalle promesse non mantenute e dalle convergenze sostanziali di questi decenni tra centro-destra e centro-sinistra.
Pensiamo di poter rappresentare tanti cittadini che vogliono sentirsi di nuovo protagonisti della democrazia e che rifiutano i principi neoliberisti che condizionano da troppo tempo le decisioni della politica nazionale, regionale e locale.
Cosa significa “rigenerare la democrazia”?
Parlate di “rigenerare la democrazia” nelle Marche. In concreto cosa significa?
Significa rompere lo schema di chi vuole la politica istituzionale chiusa nei suoi palazzi e nelle logiche autoreferenziali del potere e della burocrazia. Vogliamo stimolare una partecipazione attiva dei cittadini, che includa non solo proposte e critiche costruttive per un nuovo governo delle Marche, ma implichi anche un sostanziale controllo popolare sulle azioni degli eletti.
Per rigenerare la democrazia è indispensabile una crescita della nostra coscienza etica e il riconoscimento delle sfide che ci aspettano per dar vita a forme di convivenza più armoniche, sostenibili e solidali. Il voto alle elezioni, in tal senso, è solo una tappa – pur importante – di un rinnovamento democratico che intendiamo nutrire nella nostra Regione per gli anni a venire.
Che senso ha definirsi “di sinistra” oggi?
Non temete di definirvi “di sinistra”.
Che senso ha oggi questa parola e non pensate che possa allontanare un numero importante di cittadini/elettori che non si riconoscono in un’identità di sinistra?
La parola “sinistra” è ricca di storia, ma indubbiamente è stata utilizzata come un vessillo identitario provocando un rigetto trasversale tra le vecchie e le nuove generazioni. Fermo restando che “sinistra è chi sinistra fa”, pensiamo che il centro del nostro progetto non sia affatto quello di ricostruire la sinistra nelle Marche, bensì di restituire ai marchigiani la loro Regione, di favorire legami di solidarietà, sostenere lotte emancipative, sviluppare soluzioni creative al disagio, rafforzare un senso di unità nelle differenze (di genere, di etnia, di storia personale ecc.).
Non ci convince, tuttavia, il qualunquismo di chi si definisce “né di destra né di sinistra”. Le diversità, pur in uno scenario socioeconomico e politico notevolmente cambiato rispetto alle coordinate del Novecento, continuano ad esistere.
Per Dipende da Noi il superamento dell’orizzonte neoliberista, dunque del primato del mercato e della crescita “infinita” su tutti i bisogni concreti delle persone, è un obiettivo di principio che coniughiamo con il massimo rispetto per tutti gli umani oppressi dagli odierni rapporti di potere. Rifiutiamo la retorica brutale del “prima gli italiani” e abbracciamo una parola ricca di vita e di saggezza: “insieme”.
Votando Dipende da NOI rischio di disperdere il mio voto?
Perché votare Dipende da Noi? Non è solo un modo per indebolire il centro-sinistra e far strada a Salvini e alle destre?
Nutriamo molto rispetto e riconoscenza verso quanti si sono impegnati in questi mesi per riempire le piazze contro la deriva leghista e le rinascenti nostalgie autoritarie. Per questo, per quanto potuto, non abbiamo fatto mancare la nostra presenza nei luoghi e negli spazi, aperti ed inclusivi, che promuovono l’antifascismo, l’antirazzismo e l’affermazione dei principi Costituzionali.
Pur condividendo pienamente l’obiettivo di mobilitare le persone per fermare la destra, non siamo tra quelli che ritengono che per raggiungere questo obiettivo sia efficace sostenere, allineati e coperti, la campagna elettorale del candidato di “maggior peso” del centro-sinistra. Riteniamo che la questione sia molto più complessa e che per individuare la migliore strategia per “fermare la destra” ci sarebbe bisogno di una riflessione più profonda sulle ragioni del suo successo, soprattutto tra i ceti popolari.
Bisognerebbe pertanto ragionare più approfonditamente sulle ragioni dei sentimenti di profonda sfiducia e persino di rabbia cresciuti tra le persone più abbandonate e colpite dalle politiche agite dai governi di centro-sinistra. Sulla base di nostre esperienze politiche e istituzionali, compresi i vani tentativi di condizionare forze politiche di centro sinistra, sempre più autoreferenziali, che hanno ridotto la politica esclusivamente a marketing e lotte di potere, riteniamo illusorio fermare realmente la destra semplicemente sulla base della paura delle marce dei fascisti.
Riteniamo fermamente, invece, che ci sia bisogno di non limitarci agli obiettivi “contro”, ma di lavorare “per…”.
- Per “rianimare la speranza” e restituire fiducia nella politica.
- Per aiutare le persone a comprendere che “dipende da noi…”.
- Per partecipare, prendendoci cura della nostra comunità e dei territori.
Dipende da noi, in definitiva, è un movimento con idee forti e aperte, radicale ma non settario. Siamo desiderosi di parlare a tutti i “mondi” – compresi i cittadini delusi dal PD e dal Movimento 5 Stelle – portando idee e buone pratiche che diano il senso dell’alternativa in questo periodo storico di sfiducia e rassegnazione.
Come vi posizionate rispetto al PD?
Come vi posizionate rispetto al PD?
Il Partito Democratico non è il nostro “nemico”. È il nemico di sé stesso, questo sì. Dipende da Noi non è nato, del resto, per fare da sponda al PD o per pungolarlo dall’esterno.
Nessuno può escludere che, negli anni, il centro-sinistra venga costretto dai cittadini a mettere in discussione profondamente il suo passato e il suo presente, ritrovando interesse per un progetto democratico di superamento delle logiche dominanti. Se ci saranno segnali incoraggianti e di netta inversione di marcia, non avremo problemi a dialogare, confrontarci e valutare la possibilità di un cammino comune.
La disponibilità a trasformare la politica non si misura, comunque, sui proclami generici, bensì sul rinnovamento autentico dei metodi, dei programmi e delle persone.
Quale idea di Europa?
Quale idea avete dell’odierna architettura dell’Unione Europea, capace di influenzare a cascata anche le politiche locali in nome della trappola del debito? Non è velleitario annunciare scelte progressiste, solidali e anti-establishment in presenza di vincoli comunitari e logiche di austerity?
L’Unione Europea così com’è rivela la sua natura antipopolare centrata sugli interessi di pochi contro i bisogni di molti. Una disgregazione dello spazio politico continentale potrebbe, tuttavia, scatenare problemi persino peggiori.
Bisogna quindi avere l’intelligenza di andare con il passo dell’uomo, di studiare attentamente l’evoluzione delle questioni geopolitiche che influiscono, a cascata, sulla vita delle comunità locali.
Riteniamo fondamentale, in tal senso, sfuggire alla tenaglia “Euro sì/Euro no” che da tempo paralizza il dibattito pubblico scoraggiando la partecipazione politica delle persone.
La giusta messa in discussione della “trappola del debito” costruita a tavolino dalle élite neoliberiste continentali e dai centri di potere del capitalismo finanziario, deve andare di pari passo con la ricerca di soluzioni praticabili a livello regionale per dare risposte immediate ai bisogni delle persone. C’è una saggezza diffusa che dobbiamo mettere a valore per non cadere nel senso di impotenza e nella paura.
Il populismo reazionario e il neoliberismo sono facce della stessa medaglia. Il sogno originario di un’Europa pacifica, giusta e democratica è stato tradito, oggi va ripreso e attuato con coerenza.
Come vi ponete nei confronti del sistema dei partiti?
Se non vi considerate né estremisti né moderati, come vi ponete rispetto al sistema dei partiti e alla governance regionale di questi ultimi anni?
Riteniamo che chi si è avvicendato al governo della Regione abbia lavorato male, trascurando le esigenze della popolazione.
I cittadini sono spesso abbandonati a loro stessi, privi di un reale rapporto di fiducia con le istituzioni. Il terremoto ha messo a nudo emblematicamente l’attuale natura di tale sistema. Oltre a scelte tardive, confuse e incompetenti, è mancata nella sostanza e nella percezione la reale vicinanza delle istituzioni nei confronti delle comunità colpite dal sisma e dei loro rappresentanti locali. A fronte di ciò le forze di minoranza, piuttosto che proporre ed agire nell’interesse della popolazione, si sono limitate a speculare sui problemi.
Autoreferenzialità, abbandono delle persone, marketing, demagogia… sono la cifra dell’attuale sistema dei partiti.
Che cosa farete dopo le elezioni?
Dopo le elezioni, in caso di risultati modesti, non vi scioglierete come neve al sole? Quale progetto di ampio respiro muove le vostre azioni?
La nostra alleanza è con i marchigiani e con tutte le realtà (volontariato, associazionismo, sindacati, reti dell’economia solidale…) che operano quotidianamente per ricucire il tessuto ferito della società marchigiana, rilanciando forme di solidarietà, lavoro e partecipazione attente al bene dei molti e non di pochi. Per restituire dignità alle persone è necessario un impegno di medio e lungo periodo, quell’impegno civile (e non semplicemente “civico”) che contraddistingue il nostro movimento e la Lista che presenteremo alle elezioni regionali.
Vogliamo diventare dei catalizzatori attenti dei processi trasformativi già in corso, ascoltando e imparando da coloro che dedicano la vita a rendere più felice e abitabile la nostra Regione.
In tal senso il nostro progetto di ampio respiro è quello di creare un canale aperto tra istituzioni e cittadini, tra la politica e le realtà più sensibili e avanzate dell’economia, della produzione, dell’educazione, del consumo critico e così via.
Saremo accanto, dopo le elezioni, a tutti coloro che vorranno continuare a difendere la democrazia dagli attacchi di un potere sempre più ingombrante e lontano dai cuori delle persone.
Quale modello per la sanità nelle Marche?
Che modello di sanità avete in mente e intendete promuovere?
Abbiamo in mente una sanità per tutti, che non escluda dai suoi servizi determinati gruppi umani per il colore della pelle, per il ceto sociale di appartenenza o per altre differenze (di genere, di orientamento sessuale, di censo…).
Abbiamo in mente una sanità vicina ai cittadini, con presidi scientificamente affidabili nei territori, con più personale sanitario (ben formato e ben pagato), con un linguaggio facilmente comprensibile da tutti. Una sanità di prossimità, diffusa, radicalmente in controtendenza rispetto ai mega centri sanitari creati negli ultimi anni per i soli fini del profitto.
Abbiamo in mente una sanità per la quale un cittadino anziano di Ascoli Piceno non debba recarsi a Pesaro per una visita specialistica. Una sanità che limita lo scempio delle attese bibliche per una visita o per un intervento. Una sanità pubblica all’altezza delle enormi sfide che ci aspettano e che già si annunciano con il fenomeno epidemico del virus covid-19.
Per ulteriori approfondimenti si può vedere il nostro programma politico.
Quale inclusione e solidarietà tra marchigiani e migranti?
Che significa, per voi, inclusione e solidarietà per quanto riguarda le relazioni tra marchigiani e migranti?
Senza dubbio la convivenza tra nativi e migranti è un tema delicato che merita considerazioni attente. Non si può affrontare un passaggio così delicato e inevitabile con colpi di slogan. A tal proposito Dipende da Noi segue la stella polare di una cura della nostra comune umanità.
I flussi migratori sono ampiamente determinati dal combinato disposto dei cambiamenti climatici e delle ingiustizie sociali generate dal fenomeno del colonialismo vecchio e nuovo. Una gestione dei flussi è necessaria, ma secondo principi che tengano insieme intelligenza del cuore e lungimiranza. È noto a chiunque non ceda alla narrazione tossica delle destre che in Italia, e nelle Marche, non stiamo assistendo a nessuna “invasione”.
Sappiamo anche, se non vogliamo nasconderci dietro un dito bianco, che la macchina capitalistica vive di disoccupazione strutturale e di competizione tra i lavoratori. I migranti, in tal senso, sono vittime come i lavoratori italiani di un sistema generalizzato di sfruttamento, il cui unico interesse è avere a disposizione abbondante manodopera priva di diritti. Per questo i migranti sono alleati potenziali e non nemici per tutti i ceti subalterni. Possono essere considerati pericolosi solo fino a quando aderiamo passivamente al racconto di chi ci vuole tutti sudditi, a testa china, privi di qualunque senso di legame che vada oltre il sangue, il suolo e il conto in banca.
Date queste premesse la parola “inclusione” si pone come diversa dalla famigerata integrazione. Integrare vuol dire sottomettere e digerire un corpo estraneo, fino ad assimilarlo completamente. Includere vuol dire convivere, stimolare la reciproca conoscenza, arricchirsi grazie alle differenze. Sia chiaro – a scanso di equivoci – che questa convivenza auspicata può darsi solo se accettiamo tutti di rispettare le regole e le leggi dello stare insieme. Lottare per i diritti dei lavoratori italiani e migranti, senza assurde distinzioni, è l’unica via per fermare la guerra tra ultimi e penultimi che il potere fomenta per conservarsi. Possiamo anche immaginare di ridare dignità a borghi e paesi semiabbandonati delle Marche popolandoli con migranti che desiderano coltivare un buon vivere, rilanciando reti di solidarietà e prossimità, nonché campagne educative per prevenire il razzismo (il quale è generato sempre dall’ignoranza). Sulla scia dell’esperimento sociale di Riace condotto coraggiosamente da Mimmo Lucano, possiamo ripensare a politiche di accoglienza che non siano indiscriminate, ma attente alla capacità effettiva di inclusione della nostra Regione.
Con umanità, misura e giustizia potremmo finalmente riconoscerci gli uni negli occhi degli altri, riponendo nel fodero l’arma del rifiuto e dell’espulsione, e dando spazio a nuovi modelli corali di comunità sostenibile.
Quale “sicurezza” per i cittadini?
Che ruolo ha la “sicurezza” dei cittadini nel vostro programma politico?
Il tema della sicurezza viene cavalcato in maniera pericolosa e irresponsabile da forze politiche che possono aumentare il proprio consenso solo mettendo contro gli ultimi e i penultimi.
L’emergenza sicurezza, a nostro avviso, se esiste va intesa come effetto diretto della violenza esercitata sui legami sociali e sui singoli da parte di un sistema incentrato sull’accumulazione economica e sullo sfruttamento massiccio delle persone, della loro intelligenza e delle risorse naturali.
La nostra idea di sicurezza è molto precisa: solo recuperando diritti e tutele per tutti (indipendentemente dal colore della pelle e dalla provenienza geografica), e ristabilendo un senso di comune umanità a fronte delle sfide epocali che ci aspettano (su tutte i cambiamenti climatici, la lotta alle diseguaglianze e la gestione dei flussi migratori), sarà possibile creare le precondizioni per diminuire sensibilmente i fenomeni di delinquenza e contrastare anche la criminalità organizzata presente purtroppo anche nella nostra Regione.
La sicurezza si garantisce non solo con un funzionamento controllato delle forze dell’ordine, ma ancor più con politiche di giustizia sociale che puntino a prosciugare il bacino nel quale nuotano i fenomeni complessi della droga, della microdelinquenza e delle mafie.
Che cosa intendete fare di concreto per i terremotati?
Come aiutare le popolazioni colpite dal terremoto senza fare facili proclami?
È nostra intenzione partire dalle rivendicazioni precise ed articolate che i nostri concittadini terremotati hanno elaborato da tempo e sono stati costretti a manifestare in strada e nelle piazze inascoltati. Le hanno dichiarate nelle sedi istituzionali e parlamentari ma sono stati delusi. Hanno trovato di fronte una Regione escludente che ha puntato a delegittimarne il ruolo, trascurando le loro proposte e privandoli di un ascolto empatico e attento.
La Regione può agire come promotore di iniziativa legislativa per ciò che attiene le competenze statali ed ha invece importanti competenze sul versante sociale e sul rilancio economico. Sul primo aspetto, la ricostruzione sociale è tutta da scrivere. Ad esempio forme di sostegno al reddito che fermino lo spopolamento, una sorta di “reddito di cratere” come lo hanno definito i comitati dei terremotati.
Sul rilancio economico fare il contrario del cosiddetto “Patto per lo sviluppo” basato su una logica vecchia di grandi opere, infrastrutture inutili e soldi a pioggia. Un modello di sviluppo che ha messo e mette a rischio la possibilità di rimanere a vivere in quota secondo criteri di giustizia, equità, benessere ed equilibrio con l’ambiente. Darsi quindi un progetto per la rinascita che sia partecipato, solidale ed ecologico rifiutando la logica distruttiva della mercificazione di ogni cosa.
Quale ruolo per la cultura e la promozione dei beni culturali?
Che ruolo gioca la cultura e la tutela/promozione dei beni culturali nella vostra idea di regione?
La Cultura è centrale per tutto il nostro progetto, del resto non sarà possibile alcuna trasformazione profonda dell’esistente senza una svolta culturale e spirituale di grande spessore. Consideriamo quindi i beni culturali, l’istruzione pubblica, il turismo sostenibile, l’arte e la promozione delle attività sociali ricreative delle fonti di etica e bellezza che hanno risvolti economici e di civiltà di ampia portata.
Per Dipende da Noi è fondamentale che cresca il numero degli operatori culturali nella Regione e che possano trovare un’occupazione stabile, ben retribuita e riconosciuta da tutti per il suo valore educativo e democratico. A un livello basilare riteniamo che i mondi della scuola e dell’università, per quanto è di competenza delle istituzioni locali, debbano essere considerati gli avamposti di un cambiamento di rotta epocale, che ci conduca indenni fuori dalla società di mercato e dalle sue logiche distruttive.
Ecco perché sentiamo il bisogno di avere accanto a noi insegnanti, professori, operatori della cultura, artisti e tutti coloro che possono diffondere un’idea di Cultura alta e popolare insieme, che unisca le persone e rafforzi in esse non un senso di identità rigido, ma la percezione di una effettiva comunanza di destino.
Quale economia regionale, pubblico, privato e terzo settore?
In che modo pensate all’economia regionale? Quali le relazioni tra pubblico, privato e terzo settore?
Innanzitutto è indispensabile porre grande attenzione al linguaggio. Non ci piace il termine “terzo settore” perché rischia di far pensare che la cooperazione sociale, il volontariato e l’associazionismo vengano dopo due settori ben più seri (quello dell’economia privata e della pubblica amministrazione). La solidarietà, per noi, non va pensata assolutamente come carità, come una toppa da mettere per compensare le deficienze strutturali dell’economia di mercato e dello Stato.
L’economia regionale crediamo abbia bisogno di un rilancio dettato da nuove logiche di convivenza. La sostenibilità come parola d’ordine non va dunque confusa con la retorica ambigua dello “sviluppo sostenibile”: non si tratta di moltiplicare produzione e consumi in nome di una “rivoluzione green” solo di facciata. Piuttosto diventa indispensabile far sì che gli agenti economici presenti sul Territorio si relazionino in maniera seria e continuativa con le comunità locali, tutelando la salute dei cittadini e dei lavoratori, ascoltando i bisogni emergenti e puntando su un’occupazione di qualità. Fra le altre cose dobbiamo ripensare con rigore i criteri di accesso delle imprese ai fondi europei e ad altre fonti di credito, in modo tale che le imprese socialmente ed ecologicamente responsabili vengano premiate e incentivate.
In tal senso pensiamo a un’economia dinamica che venga sempre più orientata in direzione del bene di tutti, come auspicato dalla Costituzione italiana. Infine – rimandando al nostro programma politico per dettagli maggiori – siamo convinti che l’istituzione regionale debba fare del suo meglio per consolidare le reti di economia alternativa, di cooperazione e di protezione sociale.
Quale mobilità sostenibile nella nostra Regione?
Avete un piano per la mobilità sostenibile?
Rimandando al nostro programma politico per maggiori dettagli, possiamo dire che la nostra attenzione sarà rivolta fortemente alla valorizzazione dei mezzi pubblici, alla sensibilizzazione dei cittadini rispetto al car sharing e ad altre soluzioni che riducano massicciamente l’inquinamento atmosferico ed acustico dovuto ai veicoli privati, al potenziamento dei servizi ferroviari in genere e in particolare per quelle zone della regione che rischiano l’isolamento.
Sosterremo con ogni mezzo la diffusione di piste ciclabili e l’accesso a stazioni di ricarica per le automobili elettriche. Ancor più lavoreremo per lanciare campagne di opinione che radichino nelle Marche una cultura della mobilità sostenibile orientata al superamento dell’attuale dipendenza dagli idrocarburi.
E la questione ecologica?
Rispetto all’enorme questione ecologica, quali sarebbero le prime azioni concrete se foste voi a governare le Marche?
La prima azione sarebbe quella di utilizzare l’autorità della Regione per contrastare i danni alla salute dei cittadini che derivano, in più zone delle Marche, dall’operato di agenti economici irresponsabili, che impattano severamente con le loro attività produttive sui nostri spazi vitali (fiumi, aria, terreni, boschi ecc.). Altrettanto fondamentale è imparare ad avvalerci dei fondi europei – spesso colpevolmente inutilizzati – per promuovere iniziative di difesa del territorio e di cura degli ecosistemi a cui prendiamo parte. È nostra intenzione, inoltre, prendere spunto dal meritevole lavoro dei gruppi di acquisto solidali (GAS) e delle associazioni di consumo critico, per promuovere filiere corte e stili di consumo a km 0.
Impossibile da trascurare è, inoltre, l’espansione di una cultura del riuso e del riciclo, da promuovere attraverso tutti i canali comunicativi regionali. Renderemo poi note le buone pratiche imprenditoriali e sociali che, per la loro sostenibilità ecologica, meritano di diventare modelli virtuosi da imitare. Pensiamo anche di proporre – in quanto per noi economia, ecologia e cura dei beni comuni sono intrecciate e interdipendenti – la creazione di un Assessorato regionale per i Beni Comuni.
In ultimo – rimandando comunque al nostro programma politico per maggiori dettagli – riteniamo decisivo che le istituzioni collaborino strettamente con tutte le scuole di ogni ordine e grado per predisporre momenti formativi dedicati ai nuovi stili di vita sostenibili e al tema decisivo dei cambiamenti climatici indotti dal sistema capitalistico, dal consumismo e dal mito della crescita infinita.
Da soli o quali alleanze?
Come vi ponete rispetto alle alleanze politiche? Correrete sempre da soli?
Siamo alleati dei cittadini marchigiani. Per le elezioni corriamo insieme a loro. Non escludiamo comunque il dialogo e un confronto serio con le realtà che hanno sinceramente a cuore il bene comune, partendo da una premessa fondamentale: Dipende da Noi nasce per rinnovare radicalmente la politica ed è dunque incompatibile con i giochi di potere di una classe dirigente interessata solo alla propria sopravvivenza.
Dopo le elezioni considereremo seriamente il quadro politico e valuteremo in maniera democratica e partecipata le coordinate del nuovo scenario. Certo è che non potranno mai esserci alleanze strutturate fino a quando i partiti esistenti rimarranno dentro la zona di comfort della loro adesione al comando neoliberista. Staremo con occhi e orecchie ben aperti, senza illusioni e senza pregiudizi astratti. Non intendiamo minimamente raccogliere consenso per metterlo nelle mani della solita politica. I nostri simpatizzanti e futuri elettori non ce lo perdonerebbero mai (giustamente).
Perché vi considerate “alternativi”?
In che senso vi considerate “alternativi” agli altri schieramenti politici?
Ci consideriamo alternativi nel senso che vogliamo portare nel cerchio della politica regionale uno spirito di rivolta pacifico, una messa in discussione radicale del neoliberismo e delle sue logiche di sfruttamento, espulsione e controllo.
I miti del mercato, della competizione come motore dell’innovazione, dell’imprenditorializzazione della vita, vanno riconosciuti nei loro effetti culturali, economici ed ecologici distruttivi.
- Difendere i beni comuni contro il perverso schema della privatizzazione dei profitti e della socializzazione delle perdite;
- rigenerare la partecipazione e il controllo democratico dei cittadini sulla politica;
- promuovere sostenibilità, resilienza e cooperazione sui territori: questo e molto altro è alternativo alle abituali parole d’ordine degli schieramenti politici classici.
Soprattutto è alternativo il metodo, che noi adottiamo, di sostituire la vecchia logica del potere – che è autoreferenziale e non ha riguardo per nessuno – con la cultura della responsabilità, del servizio, del prendersi cura, delle deliberazioni costruire dialogicamente, dell’autorevolezza che esclude l’imposizione.
Vogliamo, senza presunzione né settarismo, contribuire a un futuro qualitativo, diverso, che tenga insieme eguaglianza e valorizzazione delle differenze, eccellenza e stili di vita sostenibili, giustizia per chi è stato abbandonato e strumenti concreti per l’emancipazione, nuove e vecchie generazioni, attenzione ai bisogni delle persone e agli equilibri della natura.