Care e cari tutti,
tra pochissimo tempo arriverà un altro Natale, e subito dopo, Capodanno.
Quindi siamo in piena atmosfera augurale, secondo tradizione.
A Natale, infatti, ci si scambiano auguri, di pace, di bene, di serenità, di salute e via andando sulla strada dell’ovvietà.
Per questa volta, invece, vorrei provare a iniziare la costruzione di un Natale “altro”; un Natale (sempre maiuscolo, checchè ne dicano a Bruxelles) che si guardi intorno, con attenzione, con preoccupazione, con stupore, con un sentimento misto di amore e di dolore. Siamo ancora a chiederci se sarà possibile un Natale tradizionale, con le solite vecchie abitudini -cenone fin dalla vigilia, scambio di auguri e regali, tentativo di mettere per qualche giorno in pausa l’affannosa corsa di tutte le mattine- e il non saperlo ci riempie di ansia, angoscia, rabbia, contro tutto e tutti. Gli stessi sentimenti ci fanno compagnia in attesa delle decisioni di Governo, Presidenti di Regioni e Sindaci, che vogliono aggiungere qualche ulteriore limitazione, ma non hanno ancora deciso quali.
A me sembra, invece, necessario uno sforzo impegnativo per capire perché e come i fili delle nostre pigre, e tanto rimpiante, abitudini si siano intrecciati in maniera tale, da farci disperare. Viviamo, mi pare, in una società non soltanto chiusa, ma blindata in una fortezza di rabbia, di insicurezze, di aggressività generalizzata, e, ovviamente, del tutto indifferente alle reali difficoltà di cui è pieno l’orizzonte, e di cui ci parlano tutti i TG, mostrando i visi stravolti di chi si è trovato, all’improvviso, disoccupato.
Sarà possibile far nascere, o ri-nascere, la voglia di sorridere, di tendere la mano, di offrirci assistenza e solidarietà concreta? Sarà ancora possibile discutere senza urlare e litigare? Sarà possibile rallentare il recupero del tempo, riprendere a farcelo scorrere tra le dita quietamente, senza angoscia e avvelenata competitività?
Forse che sì, se veramente riusciremo ad impegnarci a “costruire una cattedrale” secondo un noto aneddoto (la frase fu pronunciata dal terzo intervistato in risposta a chi chiedeva a diversi lavoratori a quale lavoro fossero intenti, ricevendo risposte rabbiose). Forse che sì, se cominceremo a sentirci non tutti fratelli -sarebbe forse troppo- ma almeno non tutti nemici. Forse che sì, se ci ricorderemo il significato profondo di una ricorrenza, che invece tende sempre più a diventare occasione di shopping. Non sarà facile, né semplice, né rapido il percorso, ma se vogliamo vivere, in un mondo “amico ed amichevole”, dobbiamo metterci su questa strada da subito, invitando tutti quelli che possiamo raggiungere a camminare con noi.
Queste le mie riflessioni e le mie speranze, questi i miei auguri a chi vorrà aiutarci a camminare, procedendo insieme a noi. A cominciare dall’assemblea dei soci del nostro “Dipende da noi”, che, sono certo, vorrà dirigersi convintamente verso un Natale “altro”, in preparazione di un nuovo anno, che ci ripresenterà i problemi di Natale.
Mi piacerebbero, insomma, Natale e Capodanno come momento di sosta necessaria, per riprendere subito dopo il cammino di solidarietà, in compagnia di una speranza fiduciosa, nonostante tutto.
Vito
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