Ieri il cosiddetto “Fiera Covid Hospital” di Civitanova è stato inaugurato con grande dispiegamento di autorità politiche regionali e comunali, burocrati della sanità, professionisti della protezione civile nell’era berlusconiana e, immancabili, alti prelati. Durante questo selfie collettivo dei poteri coinvolti in tale vicenda, il presidente della Regione Ceriscioli ha rivendicato il merito di aver approntato una struttura adeguata a tutte le esigenze poste dalla pandemia; Guido Bertolaso ha affermato che il nuovo “ospedale”, ribattezzato l’Astronave, è un esempio da seguire in tutta Italia. Il vescovo di Fermo, Pennacchio, ha dato la sua benedizione, completando il quadretto della festa per l’arrivo dell’Astronave.
Di fronte a fatti simili – in un periodo che più che mai richiederebbe responsabilità, serietà, competenza, pratica sistematica della democrazia – i due atteggiamenti più sbagliati sono la credulità e la rassegnazione. La credulità ti porta a bere tutto quello che ti dicono senza farti qualche domanda minima sul senso di quello che accade. La rassegnazione è l’effetto paralizzante del vedere le storture e i danni prodotti dalla politica dominante, convincendosi alla fine che i cittadini possono solo subire. È molto meglio, invece, chiedersi che cosa ci insegna questa vicenda emblematica della sanità per come viene concepita dal potere, perché solo così possiamo avere una scossa di consapevolezza e trovare il modo di attivarci per dare vita a un’altra politica, quella dei cittadini che si organizzano per il bene comune.
Colpisce anzitutto la comicità involontaria: chiamare questa cosa costruita a Civitanova “l’Astronave” significa di fatto dichiarare, senza rendersene conto, che quest’opera viene da un altro pianeta, è estranea alla realtà terrestre ed è stata attuata da gente che non conosce la comune umanità. Pensiamo per un attimo proprio ai palazzi della Regione, al modo di amministrare che si è cristallizzato in questi anni, malgrado l’impegno di chi prova a lavorarci al meglio: effettivamente tutto questo dà il senso di un’Astronave, molto distante dalla terra dove donne e uomini vivono, con i politici professionali che s’incontrano tra loro come marziani comunicanti nella loro lingua incomprensibile. La Regione, come ente pubblico, ha confermato anche questa volta quanto sia un organismo distante dalla realtà dei problemi, delle persone, delle soluzioni, del futuro delle Marche.
Poi emergono le indicazioni nel merito della questione dell’emergenza sanitaria. Indicazioni facili da avere, basta ascoltare infermieri, medici, amministrativi impegnati nella sanità. E loro ti dicono che programmare così una struttura di sola terapia intensiva a sé stante è del tutto sbagliato.
In primo luogo perché non è un vero ospedale, ma è solo un reparto specializzato che manca del rapporto diretto con gli altri reparti indispensabili per affrontare la cura dei malati. Il malato è una persona, non è il portatore di una singola patologia. Quindi, se servissero interventi da cardiologia o da gastroenterologia o da qualsiasi altra specialità clinica, nell’Astronave sarebbe molto arduo dare una risposta a queste esigenze.
In secondo luogo – ed è un dato decisivo – ti dicono che è sbagliato concentrare le forze nella fase estrema di una malattia senza potenziare la risposta sanitaria per tutti i suoi stadi precedenti. La terapia intensiva ovviamente è vitale e indispensabile, ma va inserita in una strategia di risposte progressive, dove siano messi in opera sia il monitoraggio dell’infezione, sia le terapie immediate a chi la contrae, terapie che in molti casi si sono rivelate preziose. I malati vanno accompagnati nell’evoluzione della patologia, che va contrastata per tempo. Inoltre questa strategia più organica avrebbe messo il personale sanitario nella condizione di intervenire nel miglior modo possibile per fare fronte all’epidemia. Ma tutto questo avrebbe comportato il rafforzamento della rete ospedaliera esistente nell’intera regione e dei presidi di sanità territoriale. Cioè avrebbe richiesto una strategia sviluppata secondo i criteri della visione d’insieme, della prossimità, del coinvolgimento di tutti i soggetti coinvolti nel costruire la risposta al problema. Però questi sono proprio i criteri dimostratisi più estranei alla mentalità dei gestori della politica marchigiana in questi decenni.
Chi lavora nel sistema della sanità regionale ti dice poi che, per rendere operativa l’Astronave, serve molto personale, ma la disponibilità nell’organico è insufficiente. Si era previsto di contare su volontari, facendo un calcolo del tutto astratto. È finita che il personale sarà dirottato d’autorità dalla terra all’Astronave, prendendolo dai vari ospedali regionali che da lungo tempo soffrono proprio per la carenza di organico e per i tagli al bilancio della sanità. È come dire che chi ha progettato quest’impresa spaziale ha visto il disegno della cosa senza vedere le persone concrete che poi dovrebbero operarci.
Nel merito della realizzazione dell’Astronave come non calcolare i costi di gestione? Ma i soldi oggi disponibili, a seguito della raccolta di donazioni affidata, chissà perché, all’Ordine di Malta, basterebbero per far funzionare la struttura solo per il primo mese. Dopo di che le risorse necessarie dovranno essere sottratte non solo ad altri settori del bilancio regionale, ma anche al circuito ordinario della sanità.
Era questo il solo modo per rispondere all’emergenza? No. Semmai era il solo modo concepibile da parte di chi ha perseguito in questi anni una politica di smantellamento degli ospedali, di riduzione dei servizi, di impulso alla privatizzazione della sanità. Si poteva e si doveva invece potenziare la terapia intensiva dei maggiori ospedali marchigiani, rafforzando la strategia di contrasto progressivo e territoriale alla malattia.
E che dire del metodo? Chi ha deciso lo ha fatto senza coinvolgere i principali attori che operano negli ospedali e i loro sindacati, che oggi protestano a gran voce contro questa operazione spaziale. Semmai ha coinvolto l’autore del progetto di un’altra Astronave in Lombardia, dove oggi si stanno chiedendo come utilizzare questa struttura. E ha coinvolto inspiegabilmente un organismo privato, l’Ordine di Malta.
Un dirigente del Partito Democratico marchigiano ha dichiarato che ormai l’Astronave è un dato di fatto e quindi bisogna smettere di discuterla. Ed ha continuato esaltando la figura del Presidente Ceriscioli, tanto apprezzato che lo stesso Partito Democratico non lo ricandiderà alle prossime elezioni regionali. Simili atteggiamenti sono il sigillo che confeziona questa ennesima impresa della politica fatta da marziani. Il messaggio è chiaro: il potere ce l’abbiamo noi e voi rassegnatevi. La Giunta e l’intero Consiglio Regionale che ha avallato l’operazione, nonché la Giunta comunale di estrema destra che governa Civitanova, si sono trovati tutti d’accordo. È la prova evidente del fatto che è tutto il circuito della solita politica che non funziona. È il segno che non si tratta solo, come dice chi segue ingenuamente le vicende politiche, di “fermare la destra”, ma nel contempo, si tratta di disattivare il circuito della politica autoreferenziale, inaugurando un modo diverso di fare politica. Un modo dove valga il rapporto costante tra chi governa, chi è eletto nel Consiglio Regionale e i cittadini, le categorie sociali, le persone. Schierarsi per questo o quel marziano, questo sì è disperdere i voti, perché così non si fa nulla per uscire da quel circuito e costruire una dinamica di vera democrazia. Per paura di disperdere i voti si lascia che siano disperse le coscienze, le esigenze, le speranze, le energie migliori. E alla fine anche i voti. Così si ottiene solo di riconsegnare il potere a quelli che lo usano in questo modo.
Invece il movimento di impegno civile “Dipende da Noi” agisce per contribuire a mutare la tendenza complessiva: la politica della Regione potrà tornare sulla terra solo se si attivano tante persone, associazioni, gruppi, decisi a far valere la partecipazione, la conoscenza, la coscienza etica e la corresponsabilità civile. Solo allora potremo risolvere un’altra emergenza pericolosa, quella della politica dei selfie, fatta senza ascoltare, senza vedere, senza costruire insieme le soluzioni efficaci ai problemi di chi sulla terra, per un breve periodo, ci vive.
Roberto Mancini
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