Quando si parla di scuola si dimentica facilmente che, anziché costituire una qualunque organizzazione dove le persone sono intese come strumenti o “risorse”, si tratta di un organismo vivente e comunitario, che respira e si esprime con grande ricchezza di umanità, mentre è impegnato a nutrire la vita relazionale, cognitiva ed etica di chi ne partecipa. Studentesse e studenti, personale docente e non docente, dirigenti e famiglie non sono parti funzionali di una macchina, ma sono soggetti partecipi di un organismo corale fatto anzitutto di persone.
Il senso della scuola sta nell’educare le persone che a essa sono affidate, poi anche nel renderle così forti, creative, libere e responsabili da saper portare il loro apporto per trasformare in meglio la società. Per contro, ridurre le persone a oggetti, piegando l’educazione a essere un mero addestramento in vista delle esigenze del mercato, significa distruggere il senso della scuola, indurne una modificazione genetica, tradire il diritto delle nuove generazioni all’educazione e alla libertà, sottraendo alla società la principale forza antropologica e generazionale del suo indispensabile rinnovamento.
Quando una società intende e organizza se stessa senza vedere l’umanità, la dignità, il valore di ognuno e di tutti, allora in primo luogo non vede davvero i più piccoli, le bambine, i bambini, i giovani. Poiché qui “vedere” realmente qualcuno significa riconoscerne il valore, sentirne l’unicità e il bisogno di cura, ascoltarlo e accoglierlo come una presenza incondizionatamente preziosa, non vedere l’umanità e le nuove generazioni in particolare equivale a violare il loro valore, lasciandolo nell’incuria o piegandolo agli imperativi delle diverse forme di potere. Una società e una rete di istituzioni che non vedono e non ascoltano i giovani, naturalmente non vedono affatto né la vita della scuola né la responsabilità educativa. Ecco perché l’istituzione scolastica versa oggi in pessime condizioni.
Ormai da lungo tempo la situazione della scuola italiana risulta precaria, colpita dall’incuria e da una mentalità governativa – persistente a prescindere da quali siano i partiti in posizione di comando – che vede l’educazione, la conoscenza e la ricerca come un costo da tagliare. Colpisce la pretesa di produrre “riforme” che scaturiscono dall’idea stolta per cui la società stessa sarebbe un unico immenso mercato e tutto dovrebbe adeguarsi di conseguenza: in questo caso la scuola è vista come fucina di lavoratori adatti e adattati, bravi se si inseriscono nel mondo così com’è e ad esso ubbidiscono.
Sotto l’impatto della pandemia del covid-19 si è pensato di ricorrere alla “didattica a distanza”, talvolta esaltandone i vantaggi. Intanto, non ha molto senso parlare di “didattica a distanza” perché si tratta di uno strumento privo della relazione educativa, che ovviamente è una relazione diretta tra persone. Semmai c’è la necessità di un periodo di “didattica di emergenza” che non può sostituire davvero la normale attività scolastica. Tale necessità va adottata solo se l’andamento della pandemia ci costringe, per evitare danni alla salute, e affermando chiaramente che tutta un’altra organizzazione dei trasporti scolastici (e degli orari delle scuole) avrebbe permesso di garantire più scuola in presenza, dunque più scuola vera. Di contro, ove in modo acritico e disinvolto si auspica o si attua il ricorso alla didattica di emergenza è evidente che non sono ancora ben chiari i danni prodotti dalla sospensione della relazione educativa in tutte le fasce d’età, per non dire del disagio delle famiglie.
Sarebbe davvero l’ultimo colpo pesantissimo inferto alla scuola quello di vivere il frangente attuale per instaurare la normalità del ricorso alla “didattica a distanza”: piuttosto, è ormai chiaro che si deve riorganizzare complessivamente la vita della scuola. Ciò richiede sia investimenti adeguati, sia una svolta culturale che porti a riconoscere nella scuola un’istituzione costituzionale finalizzata all’educazione di persone libere e alla maturazione di cittadini capaci di vivere la democrazia. Su questo progetto “Dipende da Noi” organizzerà a breve un confronto per raccogliere le idee di insegnanti, giovani, genitori e studiosi dell’educazione. Il confronto servirà a capire come promuovere concretamente questa svolta.
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