Sui numeri del covid

(A partire dall’ennesima tabellina che confronta i numeri di fine marzo, momento di picco, con quelli di metà ottobre, tra l’altro già superati)

Purtroppo una cosa è la statistica e altra la mera esposizione di numeri decontestualizzati.

Il rapporto percentuale positivi/tamponi
Ad esempio, il confronto del tasso positivi/tamponi non ha alcun senso: a marzo si testavano solo i sintomatici e neanche tutti, quindi era normale che fosse molto più alto di ora, ma ciò non vuol dire che non ci fossero decine di migliaia di asintomatici o paucisintomatici che continuavano a spargere il virus, cosa che ora si conosce (in parte) e si può evitare. Inoltre, c’è anche una differenza metodologica: nel totale dei tamponi fatti a marzo c’era anche il doppione negativo per essere dichiarati guariti, cosa che dal 13 ottobre non si fa più.

La letalità e le ospedalizzazioni
Le vittime e i ricoveri sono molti meno perché fortunatamente ora la malattia si cura meglio, ma la pressione sul sistema è comunque forte perché vanno trattati e seguiti tutti, compresi gli asintomatici. E comunque avere centinaia di migliaia di persone anche soltanto isolate a casa qualche giorno non è un affare per il Paese (oltre al fatto che in alcuni lascia danni permanenti a prescindere dal morirci o dal finire in terapia intensiva).

Le date confrontate
Inoltre, ha poco senso paragonare certe date: per esempio, ne prendo una che paragona il 21 marzo al 14 ottobre. La prima data – tra l’altro momento di picco, un po’ furba come scelta – dista dal paziente zero quasi due mesi, mentre il 14 ottobre dista un mese esatto dal 14 settembre, giorno di riapertura delle scuole e di fatto della fine per tutti delle ferie estive. Direi che un vero confronto tra le due ondate va fatto tra fine febbraio e ora e non tra fine marzo e ora: avremmo un trend simile se non peggiore, anche non volendo considerare che si fanno tantissimi tamponi in più.

Le terapie intensive
Infine, forse la cosa più ignorata: dire che le terapie intensive hanno pochi casi Covid ora non vuol dire che siano libere. Infatti, il tasso medio di occupazione delle terapie intensive pre-Covid era dell’80% (come disposto dai decreti attuativi del 2015 sull’efficenza dei reparti seguiti alla spending review di Monti). Quindi se il Covid occupa il 20% circa dei posti, finiscono tutti. Ora ci sono 6.628 posti, grazie ai ritardi di Governo e Regioni. Quindi quelli liberi sono pochissimi, ormai.

Conclusioni temporanee
I numeri, quindi, non sono affatto buoni, considerato che siamo a ottobre.
Insomma, dobbiamo avere il panico?
No, con le precauzioni personali molto si può limitare (mascherina, distanza di almeno un metro, pulizia frequente delle mani).
Ma non basta, e Governo e Regioni dovrebbero recuperare rapidamente la negligenza di questi sei mesi, in particolare sul fronte dei mezzi pubblici, sui controlli nei luoghi di lavoro e fuori dalla scuole, e soprattutto sulle dotazioni di risorse umane e strumentali degli ospedali.
Gli strumenti per evitare un nuovo lockdown ci sono. Ma bisogna sbrigarsi, e non bastano il paternalismo e le misure spot.

Lorenzo Rossi

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