1. La frana e la nebbia
La politica convenzionale, dagli anni Ottanta del secolo scorso, ha progressivamente lasciato un vuoto enorme – di pensiero, di presenza, di risposta – per cui i popoli si sono trovati a subire il venir meno delle istituzioni di servizio e l’aggressione dei sistemi di potere. Se abbiamo detto che la politica inizia dove finisce il potere, noi stiamo sperimentando una stagione storica dove il potere (finanziario, tecnocratico, mediatico, burocratico, geopolitico) sta sradicando la politica e la coscienza civile dalla vita dei popoli, facendo della società un deserto.
L’impatto di questo mutamento sulla nostra regione si è attuato come una vasta frana che ha travolta la forma di convivenza precedente, facendo implodere la tenuta economica, la partecipazione politica, la capacità di governo delle forze democratiche e l’orizzonte stesso della comunità regionale.
Quando una popolazione subisce una frana del genere, trovandosi presa in un malessere diffuso di cui non comprende le cause, la reazione è sempre il voto masochista, che dà consenso alle forze più pericolose e antidemocratiche. In situazioni di disarticolazione della società, la democrazia è vista come una menzogna e come una zavorra, anzi come la causa del male che si patisce. Il malessere e l’effetto dell’incultura – coltivata dai media e consentita dal vuoto educativo, dove famiglia e scuola spesso sono incapaci di formare eticamente le generazioni nuove – fanno sì che, invece di una maggiore lucidità collettiva, s’instauri una nebbia permanente che spegne le coscienze e stabilizza i poteri più nocivi come se fossero normali e legittimi.
Così al momento del voto non importano il progetto e la credibilità delle persone, il consenso va alle forze che evocano la reazione drastica, le maniere forti, la soluzione una volta per tutte. Il sentimento diffuso che sostiene il voto masochista è un intreccio difficile da risanare: è una miscela di sfiducia totale, che non sente ragioni né vede alternative, e di rancore contro tutto ciò che sa di democrazia e a maggior ragione di “sinistra”.
La Giunta Ceriscioli era già dentro la dinamica della frana, ne era l’espressione istituzionale. Il centrosinistra non ha avuto alcuna coscienza della situazione e anzi ha mostrato ignoranza e arroganza, andando dritto verso la rovina. La tendenza fondamentale delle elezioni di settembre è andata in questa direzione, ponendo le basi per la costruzione di un sistema di potere che tutelerà un’oligarchia antidemocratica (quindi immune al rancore diffuso) e aggraverà gli effetti della frana. Ma questo non indica affatto che, allora, l’elettorato si risveglierà e alle prossime elezioni saprà imprimere una svolta utile per il riscatto delle Marche. In realtà, finché persiste la nebbia collettiva, molti non riusciranno a orientarsi e confermeranno il sistema di potere della destra. La convergenza tra la frana e la nebbia rende molto difficile aprire una strada di ricostruzione etica e politica della convivenza democratica.
2. Il nostro risultato
Come ci siamo inseriti in questo scenario? Inizio dai limiti perché non c’è conoscenza senza autocoscienza rigorosa.
Il primo limite è di analisi. Abbiamo sottovalutato l’entità della frana e la gravità della nebbia. Abbiamo confidato nella qualità del nostro progetto e nel rispecchiamento proveniente dalla rete dei nostri contatti abituali, spesso traendo ispirazione dalle migliori esperienze del passato (con una memoria giusta di per sé, ma solo se riferita alla novità negativa della situazione attuale). Di conseguenza ci siamo concentrati sul compito di aprire la strada tra i cittadini e l’istituzione regionale, senza vedere che nel contempo bisognava tentare di riaprire la strada tra i cittadini e la realtà dando elementi di comprensione delle cause del malessere che imprigiona la vita della regione. Il primo avversario non era la destra, e neppure il centrosinistra, era la nebbia nella mente e nel cuore di tantissimi.
Il secondo limite è di organizzazione. Proprio a fronte del compito di restituire visibilità alla realtà e alle cause dei processi di disgregazione che colpiscono le Marche, abbiamo pagato l’inadeguatezza della nostra capacità organizzativa. Abbiamo affrontato l’oceano con una barchetta. Questa critica va alla nostra mancata determinazione collettiva nel dotarci di una forza organizzativa più rigorosa e congruente, non certo alle poche persone che hanno dato il massimo per sostenere questo compito. A loro va naturalmente tutta la gratitudine. Ci siamo mossi con una certa improvvisazione, che non era tanto dovuta al poco tempo, quanto alla poca lucidità nel commisurare le nostre azioni all’entità della sfida. Rientra in questo limite anche il mancato confronto iniziale per scegliere una candidatura alla presidenza della Regione che fosse la migliore possibile.
Il terzo limite è tattico. In parte abbiamo avuto un po’ di reticenza nel dire subito, apertamente e con forza che, a fronte della massiccia e risaputa tendenza al voto masochista per la destra, il voto veramente inutile era quello per il centrosinistra. Dovevamo spiegare con maggiore forza, senza alcun senso di colpa, che invece l’utilità del voto a “Dipende da Noi” era concreta per riuscire ad avere una vera opposizione nel Consiglio regionale e per avviare un cammino di ricostruzione politica in grado di affrontare la frana generale della nostra regione.
Da questi errori dobbiamo trarre insegnamento, in modo da raccogliere meglio possibile i frutti che abbiamo saputo ottenere.
Il primo, fondamentale risultato è che noi, insieme a quasi 17.000 cittadini, siamo usciti dalla rassegnazione, dando vita a una rinascita della fiducia politica che ha segnato la vera novità positiva, e forse l’unica, di queste elezioni. Il risultato elettorale, benché insufficiente e anche deludente, attesta che non siamo “il nulla”, siamo un movimento concreto, che ha una sua consistenza, una base di consenso e un suo potenziale di sviluppo. La riprova di ciò sta nel fatto che moltissimi ci stanno dicendo che non sono affatto delusi dalla nostra prova elettorale e si aspettano che “Dipende da Noi” crescerà e si radicherà ovunque nella regione.
Il secondo risultato è che nello spazio aperto dalla fiducia condivisa sono emerse e si sono incontrate, in ogni area delle Marche, molte persone appassionate del bene comune, spesso dotate di importanti competenze rispetto alle diverse questioni del governo regionale. Parlo non solo delle/dei trenta candidate/i, ma anche di tante altre persone che hanno collaborato e oggi si sento partecipi del cammino di “Dipende da Noi”.
Il terzo risultato è che questa fiducia, che è diventata azione comune, si è radicata in una prospettiva di pensiero e di criteri precisi. Siamo arrivati a proporre un progetto forte di una consapevolezza di fondo, preciso nei principi e nell’orientamento etico, propizio alla maturazione di una visione più nitida della comunità regionale e della società nel suo complesso. Questo progetto ha la sua validità rispetto alle priorità delle Marche e andrà precisato, sviluppato, ma non certo dimenticato.
Il quarto risultato è che, in questi mesi, abbiamo incontrato gruppi, associazioni, comitati presenti un po’ in tutta la regione. Si tratta di tutti soggetti attivi per la rigenerazione della democrazia partecipata a partire da specifici problemi dei loro territori. In molti casi abbiamo costruito rapporti di collaborazione che dovranno essere rafforzati e finalizzati a un progetto ancora più comprensivo di tutte le istanze, le lotte, le proposte in campo.
Il quinto risultato è che abbiamo avviato un percorso di formazione, di convergenza tra esperienze e competenze. Partiamo da un patrimonio di conoscenza che abbiamo il dovere di far crescere e di condividere costantemente. “Dipende da Noi” è una scuola di politica sperimentata sul campo, direttamente, senza fughe nell’astrazione.
Dalla consapevolezza di questi risultati positivi vengono le indicazioni per i nostri compiti futuri.
3. Presenza e azione del movimento
Adesso dobbiamo dimostrare che “Dipende da Noi” non è stato un puro esperimento elettorale. Dobbiamo mantenere l’unica promessa che abbiamo fatto: che saremmo andati avanti e in un modo sempre più efficace.
Accenno alle forme di azione che potranno dare sostanza alla nostra presenza nelle Marche. Anzitutto è necessario che si costituiscano ovunque possibili gruppi locali, cittadini, di “Dipende da Noi”, la nostra presenza non può essere solo in alcune città o nei social, dev’essere costante, capillare, visibile e accogliente per altri che vorranno fare riferimento a noi.
Al tempo stesso occorre che elaboriamo e facciamo conoscere progetti specifici sulle questioni principali della regione, progetti che diano maggiore concretezza alle indicazioni del programma elettorale che abbiamo presentato. In alcuni casi questi progetti specifici potranno prendere la forma di proposte di legge regionale di iniziativa popolare, sostenute dai movimenti e dalle comunità locali che li approvano.
Poi è molto importante organizzare attività di autoaiuto sociale (come è accaduto nell’esperienza di Syriza in Grecia o di Podemos in Spagna), dove si realizzano prime forma di risposta dal basso, in relazioni faccia a faccia, per alcuni problemi comuni (cooperative di autogestione lavorativa, mensa, salute, supporto all’attività scolastica, assistenza giuridica, accoglienza e sostegno per persone migranti, ecc.). “Dipende da Noi” non può essere solo un movimento di progetti e di idee, dev’essere nel contempo un movimento di azioni e di relazioni quotidiane grazie alle quali si vede che già la politica prima (fatta di partecipazione diretta dei cittadini) costruisce una parte delle risposte per una vita decente e non bisogna solo aspettare che esse vengano esclusivamente dalla politica seconda, quella istituzionale.
Nello stesso spirito abbiamo la possibilità e il dovere di lavorare insieme ai comitati, ai gruppi, alle associazioni che nelle Marche si sono organizzati su tematiche specifiche (terremoto, inquinamento, disoccupazione, categorie svantaggiate, tutela del territorio, valorizzazione turistica di una certa zona, ecc.). Queste soggettività devono poter trovare in “Dipende da Noi” un interlocutore e un alleato credibile, naturalmente senza volerle strumentalizzare e senza farci strumentalizzare.
In questa prospettiva è bene che, là dove ci siano le condizioni, dunque sempre evitando forzature, “Dipende da Noi” sia presente con una propria lista alle prossime elezioni comunali. Il progetto regionale non vive se non si articola come presenza politica nella rete delle città e dei paesi. Riassumo tutte queste forme di azione:
a. Radicarsi con gruppi locali.
b. Promuovere progetti specifici di soluzione per i diversi problemi della regione e leggi regionali di iniziativa popolare.
c. Organizzare attività di autoaiuto sociale.
d. Collaborare con i comitati civici, i gruppi e le associazioni di democrazia dal basso.
e. Presentarci con liste alle elezioni comunali là dove ci siano le condizioni.
f. Darci un’organizzazione adeguata.
Se l’impegno per le elezioni esigeva un’organizzazione adeguata, essa è necessaria a maggior ragione per il cammino attuale e futuro. Dunque è indispensabile capire quale struttura organizzativa ci serve sul piano giuridico (uno statuto agile, minimo ma chiaro), sul piano decisionale (come arriviamo a decisioni democratiche e condivise), sul piano tecnico (segreteria e supporto alle attività) e comunicativo (interno ed esterno; wa, mail, stampa, social, visibilità pubblica).
g. Curare la formazione.
Per la natura stessa del nostro movimento, per la sentita esigenza di approfondire le nostre conoscenze e per l’importanza di coltivare le nostre motivazioni, è anche indispensabile che “Dipende da Noi” abbia cura della formazione, costruendo con regolarità occasioni di incontro, di apprendimento, di confronto con esperienze avanzate in Italia e nel mondo.
Ma in quale prospettiva e con quale collocazione pensiamo di agire?
4. Una sinistra etica, politica e popolare
Secondo alcuni dovremmo provvedere subito a stabilire contatti con figure di riferimento o gruppi politici per non restare isolati. Questo compito è importante ma non immediato. Prima dobbiamo strutturarci e radicarci, per dare al nostro movimento una soggettività forte e precisa, diversa da quella emersa sotto la pressione della consultazione elettorale. Inoltre è essenziale avere una prospettiva chiara e condivisa sul senso della nostra identità e sulla meta ideale a cui tendiamo. Ci siamo proposti come una forza di sinistra etica, ma ormai questa connotazione, pure irrinunciabile, è insufficiente. Occorre articolarla nei termini di una sinistra che sia insieme etica, politica e popolare.
“Etica” vuole dire che ci impegniamo al rispetto delle persone, delle collettività e della natura come criterio di autentica giustizia e di validità in ogni nostro atto.
“Politica” vuol dire precisamente che, partendo dalle Marche, vogliamo promuovere un progetto di società portandone le istanze dentro le istituzioni. Parlo di una società che sia non un mercato, ma una comunità accogliente verso chiunque e integralmente ecologica. Una comunità giusta, solidale e nonviolenta. Su questo punto il nodo decisivo riguarda la forma economica della società che vogliamo. Criticare il neoliberismo e il capitalismo non basta. La sinistra è viva e feconda solo se immagina un’altra economia, solo se sa promuoverla culturalmente e politicamente, solo se riesce a realizzarne alcune anticipazioni in esperienze-pilota.
La “sinistra” che ha sposato l’ideologia neoliberista (il Partito Democratico) in effetti non è una forza di sinistra e non è al servizio della democrazia. Non a caso da questa sponda ci è venuta una grande ostilità, riassunta nell’invito a non votare “i comunisti di Dipende da Noi”. Da parte sua, la sinistra che combatte il neoliberismo, ma lo fa senza prospettiva e un pensiero nuovo, solo per reazione, si arena nel settarismo, perdendo il contatto con la realtà e con la stragrande maggioranza delle persone. Per questa sinistra settaria le forze idealmente più vicine finiscono per essere considerate i nemici peggiori. Anche da questa sponda ci è venuta grande ostilità, spesso la più velenosa.
Noi desideriamo agire con tutt’altro respiro. Dovremo riferirci a un orizzonte di trasformazione della società e dell’economia, cercando l’intesa e la collaborazione con tutti quelli che si orientano in questa direzione. Solo da questo tipo di consapevolezza deriva la possibilità della collaborazione politica diretta e anche, un domani, di eventuali alleanze elettorali. Non siamo interessati né a collaborazioni strumentali, né a scomunicare chi non la pensa come noi. Il cinismo che spinge ad allearsi con chiunque, se ci serve, e il settarismo che pretende di non allearsi con nessuno, perché i giusti saremmo solo noi, sono due errori mortali per un movimento come “Dipende da Noi”, che finora è stato fresco e vitale proprio perché allergico sia al cinismo che al settarismo. Credo che il giusto orizzonte si delineerà grazie all’interazione tra le idee di chi sta elaborando nuovi modelli di economia e le idee di chi, volendo riformare l’attuale sistema, ne sta promuovendo un mutamento radicale. Le analisi e le proposte possono essere diverse, l’importante è che ci sia convergenza nella direzione del superamento della società di mercato e della grammatica del capitalismo. Solo su questa base progettuale potrà rinascere in Italia una sinistra popolare, la cui proposta sia comprensibile e desiderabile agli occhi di una grande maggioranza di persone. In tale prospettiva “Dipende da Noi” dovrà aprirsi al rapporto con altre forze analoghe, per provare a costruire un movimento nazionale.
Da domani dovremo trovarci per discutere nei gruppi locali e provincia per provincia, in modo da arrivare alla nostra prossima assemblea preparati a maturare una prospettiva davvero condivisa e carica di futuro. Grazie a tutte e a tutti per il vostro impegno e per quanto faremo insieme.
Roberto Mancini
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