Per raggiungere i nuovi obiettivi di riciclo dettati dalla normativa europea sull’Economia Circolare serve mettere in moto tutta una seria complessa ed interconnessa di azioni che vanno dal rafforzare a livello locale le misure per prevenire e ridurre la produzione di rifiuti, quali ad esempio le reti per la raccolta e la donazione di prodotti alimentari ancora utilizzabili, la vendita dei prodotti locali a filiera corta, le reti di riparazione e vendita dei prodotti usati, fino alle piattaforme per promuovere la simbiosi industriale e il riutilizzo dei sottoprodotti, dalla gestione del rifiuto umido nelle aree urbane con il compostaggio di prossimità fino al trattamento in grandi impianti a valle del sistema di riciclo, capaci di recuperare le frazioni utili dei rifiuti e gestirne gli scarti non valorizzabili.
I benefici veri di questo nuovo approccio, non saranno però possibili se tutte questo complesso scenario di gestione non sarà intrapreso con gli strumenti messi a disposizione dai cosiddetti processi partecipativi.
Se anche la partecipazione non fosse percepita come valore da assumere a prescindere, ecco solo alcuni dei numerosi argomenti proposti a favore dei processi partecipativi che possono così essere riassunti: a) la partecipazione produce decisioni migliori perché consente di ridefinire i problemi e di inventare soluzioni innovative, che sarebbero altrimenti inaccessibili; b) la partecipazione rafforza la legittimità della decisione, perché i partecipanti “riconoscono di aver contribuito al risultato finale e di averlo influenzato, anche se si trovano in disaccordo con esso”; c) la deliberazione rafforza le virtù civiche, perché induce i cittadini all’ascolto, alla tolleranza, al confronto e alla fiducia reciproca.
Il criterio dell’inclusività può essere inteso in modi molto diversi. Un modo per avvicinarsi al principio dell’inclusività, consiste nel costruire un’arena in cui sia assicurata la presenza di tutti i punti di vista rilevanti sul tema in questione. Qui non conta che i partecipanti siano rappresentativi dell’universo, ma che lo siano i punti di vista che essi sostengono. La deliberazione si svolge tra coloro che rappresentano gli interessi in gioco, indipendentemente dal peso numerico che essi hanno effettivamente nella popolazione di riferimento.
La gestione dei rifiuti in quanto servizio essenziale alla popolazione non può essere esente da processi decisionali inclusivi e quindi non può esimersi dai principi della democrazia partecipativa. Il servizio di gestione dei rifiuti, inoltre, soprattutto per come è stato concepito e organizzato negli ultimi 50 anni deve avere un coinvolgimento della popolazione che senz’altro è maggiore rispetto agli altri servizi essenziali. L’utente prende parte integrante non solo nell’applicazione dei principi di gerarchia, quindi nella riduzione, riuso e riparazione ma anche nel riciclo. Ovvero l’attività dell’utenza si inserisce a pieno titolo nella gestione stessa del servizio, svolge una mansione vera e propria, basti pensare alle raccolte differenziate e a come è stata concepita la raccolta primaria anche prima che si cominciasse ad adottare una separazione alla fonte.
Al fine di raggiungere decisioni condivise e adattate al contesto è necessario però rispettare alcuni principi base che provengono da ricerche su buone pratiche applicate a contesti molto diversi e che vengono interpretati e adattati alla gestione dei rifiuti e rappresentano le basi per l’attivazione di un processo partecipato.
Il processo partecipato deve partire dalla pianificazione, questo perché mentre nella progettazione si decide il come fare un’opera, nella pianificazione si decide la sua utilità, la necessità di realizzarla o meno e le aree in cui un’opera può essere realizzata. Questo perché uno dei maggiori problemi che si riscontrano risiede non tanto nel come l’opera viene fatta ma nel fatto che quest’opera sia utile o meno alla comunità o al territorio.
La partecipazione al livello di pianificazione offre tre principali vantaggi:
- Dialogo tra livelli istituzionali – La partecipazione realizzata in fase di piano fornisce la possibilità di migliorare il dialogo tra i diversi livelli istituzionali (nazionale, regionale, locale) in quanto nella pianificazione vengono messi a sistema i piani dei diversi livelli e quindi un’opera decisa a livello nazionale dovrà essere considerata nella pianificazione regionale e così via a cascata fino a piani comunali o locali.
- Risparmio di tempo nella progettazione – Il processo in fase di pianificazione necessità di un’analisi di coloro che rappresentano gli interessi in gioco che poi verrà sfruttata anche durante la progettazione: si dovranno ammettere alcune modifiche e aggiustamenti in quanto si passa a un livello più basso ma l’analisi è già presente, inoltre c’è già stata la mobilitazione di coloro che rappresentano gli interessi in gioco e quindi sarà più semplice mantenere la partecipazione durante la fase di progettazione, così come l’analisi dei dati e delle informazioni di base sarà già in parte presente e ben assimilata da coloro che avranno già partecipato alla pianificazione.
- Evitare il NON fare – L’opera decisa con una pianificazione partecipata non può essere soggetta a sindrome BANANA* in quanto la decisione è già stata convalidata da coloro che rappresentano gli interessi in gioco, questo evita il rischio che in fase di progettazione vi siano delle proteste sull’importanza dell’opera stessa, componente che spesso mette in stallo processi partecipati che per quanto fatti nel rispetto di tutti i principi mancano della trasparenza nella motivazione della necessità dell’opera.
Ogni processo perché funzioni deve avere uno scopo. Questo scopo è molto evidente in fase di pianificazione, ovvero la realizzazione di un piano di gestione dei rifiuti che contenga sia gli aspetti strategici e quindi gli obiettivi e anche la necessità di dotare il territorio di impianti e la loro localizzazione su macroaree.
Per ottenere questo è necessario dedicare un po’ di tempo e risorse ad alcune analisi sulla fattibilità del processo, ossia un impegno e dei costi che però saranno ampiamente ripagati dai risultati sia in fase di pianificazione che in fase di progettazione. In fase di pianificazione sono indispensabili le seguenti condizioni:
Trasparenza
Inclusività, incluse minoranze e attori con poco potere o pochi diritti a essere ascoltati
Rappresentatività, concetto che risiede non tanto nel numero statistico ma nella qualità degli attori che siano in grado di rappresentare quelli portano un qualche interesse
Informazione, di coloro che rappresentano gli interessi in gioco che devono avere accesso alle informazioni, condividerle e essere d’accordo sulle stesse
Pari opportunità di parola, dando la possibilità di parlare liberamente senza condizionamento (questo presuppone professionalità nella facilitazione)
Tempo, i processi hanno bisogno di tempo
Integrità e indipendenza da parte di chi gestisce il processo, questa sfera riguarda anche la percezione della stessa.
Riservatezza, il processo deve essere messo al sicuro da ogni strumentalizzazione, una cura delle condizioni precedenti di solito evita che questo diventi un problema o meglio girando la problematica, la strumentalizzazione dei processi è segno di processi fatti male, che non hanno considerato in modo giusto coloro che rappresentano gli interessi in gioco o nel lasciano fuori alcuni che sono poi quelli che strumentalizzano il processo.
Monitoraggio e valutazione: ci deve essere un esterno che valuti il processo, i tempi, gli attori, la metodologia e gli strumenti utilizzati, anche per avere poi delle buone pratiche o far tesoro degli errori.
In conclusione la partecipazione deve essere vista anche come un’occasione per creare un legame molto importante tra la pianificazione, la progettazione e la gestione del servizio, questo perché la cittadinanza se mobilizzata fin dall’inizio sarà sempre più interessata e partecipe anche nelle fasi successive incluso il monitoraggio, agevolando il lavoro degli enti locali, offrendo un riscontro e quindi l’opportunità da parte di chi gestisce di migliorare e rendere sempre più efficiente ed efficace il servizio.
Se avrete avuto l’interesse di leggere fin qui, immagino che abbiate ormai ben presente un senso di distanza con quello che invece succede … ne parlerei volentieri la prossima volta
Maria Letizia Ruello
* ecco il significato degli acronimi che descrivono alcune tipiche reazioni da mancanza di partecipazione: BANANA (Build Absolutely Nothing Anywhere Near Anything), NIMBY (Not In My BackYard) e LULU (Locally Unacceptable Land Use) e la loro contropartita amministrativa/politica NIMTOO (Not In My Term Of Office)
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