Qualche intellettuale “radicale”, a parte i soliti politici nostalgici di destra, ritiene le celebrazioni del 25 Aprile anacronistiche e ormai svuotate di senso. L’antifascismo è un lusso che non potremmo più permetterci. Del resto perché essere “antifascisti in assenza di fascismo”?
Ma il fascismo non è solo un evento storico, è un esempio di come l’umano – in ogni periodo storico – possa lasciarsi incantare da quel misto peculiare di machismo, violenza, culto del Capo, razzismo e sessismo che sta al cuore del fenomeno fascista. Se celebriamo ancora il significato della Resistenza, da cui è nata una Costituzione splendida e più volte disattesa, è perché quel passato torna spesso in altre forme a farsi sentire, a reclamare il diritto di parola e di azione in una società povera di anticorpi democratici.
Oggi, nel 2021, mi accompagna una certezza: la vita non fascista, la vita condivisa e libera da gerarchie oppressive, non potrà venire alla luce solo per opposizione. Quindi, ben vengano cerimonie, lezioni di storia, omaggi ai partigiani e a chi ha saputo lottare per uscire dalle maglie soffocanti di un immaginario scellerato. Servono altrettanto, però, lucidità del presente e capacità di introspezione. Il primo passo è riconoscere che fascismi vecchi e nuovi sono l’altra faccia di una medaglia che include il capitalismo come sistema promotore di divisioni, ingiustizie e logiche competitive disumane. Il secondo passo – forse il più difficile – è quello di comprendere che le tendenze fasciste abitano in filigrana anche nei luoghi più insospettabili. La nostra psiche stessa alberga pulsioni, fantasie e sentimenti totalitari. Questi frammenti d’ombra, se abbiamo il coraggio di integrarli, ci ricordano una cosa fondamentale: la variante fascista attecchisce per motivi psicologici, economici e culturali. Si manifesta nel rifiuto del diverso, nel disprezzo per gli ultimi, nella passione per il potere fine a se stesso, nella superficialità di opinione, nella naturalizzazione forzata di processi storici in continuo divenire. Nessuno è esente dal rischio di precipitare nelle acque torbide del mors tua/vita mea.
Auspico quindi un 25 Aprile che metta in moto la memoria collettiva e la consapevolezza individuale. Mi pare l’unico modo per fare i conti con la seduzione del peggio e per maturare una presenza umana e politica capace di difendere le proprie ragioni senza cadere nella presunzione che il male sia sempre tutto dall’altra parte. Movimento, questo, ben diverso da qualunque pretesa (inaccettabile e irricevibile) di equiparare fascisti e antifascisti in nome di una “pacificazione” funzionale solo a un revisionismo pericoloso e ipocrita.
Paolo Bartolini
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