Abbiamo bisogno vitale di elaborare un orizzonte di futuro, una prospettiva politica, una visione storica che abbia il respiro dell’utopia concreta, come diceva Ernst Bloch. Lo spazio culturale in cui oggi la politica viene pensata è asfittico. Non vi trovano accoglienza la meta di una società futura, l’idea di partiti trasformati nella loro fisiologia democratica e neanche il profilo di una sinistra che sia credibile e incisiva. È come dire che ci siamo persi. Siamo privi di coscienza del futuro. Tutti, non solo quanti difendono il capitalismo globale, ma anche noi che vogliamo superarlo.
Anzitutto non è chiaro quale forma di società desideriamo costruire. Eppure finché la percezione della meta per cui lavoriamo è sfocata, le nostre energie rischiano di disperdersi in mille rivoli tra appelli, comunicati stampa, webinar e mobilitazioni simboliche che restano senza interlocutori, senza efficacia e senza le condizioni per sviluppare un conflitto fecondo. In questo contesto è un segno promettente che il manifesto “Per una società della cura” abbia ottenuto consenso e fiducia. Non perché per ora possa coinvolgere milioni di persone, ma perché fa valere un’idea di società. Invece un sintomo dell’attivismo nevrotico in cui restiamo, se eludiamo la coltivazione di una cultura politica capace di futuro, è il fatto che sfoghiamo la frustrazione nelle polemiche tra noi.
Inoltre siamo rimasti sospesi rispetto al nodo essenziale della forma democratica che dovrebbe avere un soggetto politico che sia radicato nella società e sia operativo nelle istituzioni, possibilmente capace di assumere il governo di un Paese. I partiti così come sono non funzionano. I movimenti hanno più respiro, ma poi restano inadeguati a interpretare le dinamiche della politica istituzionale. È chiaro che dovrà nascere una nuova forma di strumento politico che sia insieme sociale e istituzionale e che sia integralmente democratico. “Dipende da Noi” è un esperimento che guarda in questa direzione. È ancora troppo poco, ma bisogna approfondire le intuizioni che hanno generato il nostro movimento. Saremmo miopi a non farlo.
Infine noi stessi non possiamo accontentarci dell’idea di una sinistra etica se poi la sinistra politica è implosa e non si vede come possa ricostituirsi. Qui vanno messi via il timore di perdere l’identità, l’attaccamento alle vecchie sigle, la pigrizia mentale, la mancanza di immaginazione politica. Le sigle attuali devono essere superate: dal PD – che non ce la fa, non dico a essere un partito di sinistra, ma neppure a essere semplicemente un partito decente – a Sinistra Italiana, da Rifondazione Comunista a Potere al Popolo. Per non dire dell’avvilente insalata mista in cui si è risolta l’avventura del Movimento 5 stelle. Con questi partiti non c’è alcun futuro e, di fatto, neppure il presente, oggi delegato a Mario Draghi. In ogni caso la sinistra politica dev’essere completamente rigenerata. Questa svolta deve avvenire non per un accordo tra i dirigenti delle sigle attuali (che prima cessano e meglio è), ma a partire dalle persone, dalle comunità, dai movimenti congruenti con il senso stesso della sinistra: l’azione per una società giusta ed ecologica – non più incentrata sul capitale o sul potere, non più violenta né con l’umanità né con la natura – e per una democrazia accogliente – priva di discriminazioni e ricca di differenze positive -. Giustizia, ecologia, universalità e nonviolenza sono i valori qualificanti del senso della sinistra. E non sono affatto valori astratti, sono percorsi di metodo e di maturazione di una nuova e ampia comunità politica.
Qui le tre questioni che ho richiamato si saldano in una stessa dinamica:
- concepire la meta verso cui vogliamo andare delineando un progetto di ampio respiro;
- dare una forma del tutto democratica allo strumento istituzionale chiamato “partito”;
- far nascere una forza politica che realmente incarni una forte soggettività popolare di sinistra etica, sociale e politica.
Serviranno anni, sarà un cammino accidentato. Ma “Dipende da Noi” ha e avrà senso se sarà uno dei protagonisti di questa maturazione democratica. Siamo ben più che una lista presentata alle elezioni regionali del 2020. Perciò dobbiamo raccogliere i nostri pensieri in un pensiero che sappia vedere lontano e le nostre attività in un’azione che non sia nevrotica o sterile ma veramente trasformativa.
Roberto Mancini
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