In un’epoca nella quale il senso delle parole, delle promesse e degli ideali si consuma velocemente, dobbiamo prenderci cura anche del pensiero. Tutt* abbiamo l’urgenza di agire, di mettere in campo soluzioni per contrastare le ingiustizie, di sperimentare forme di produzione, consumo e convivenza alternative a quelle distruttive del neoliberismo. Eppure dobbiamo cercare un equilibrio ed evitare di cadere nella retorica del “fare per fare”. Coltiviamo allora il PENSIERO VIGILE, la capacità di leggere i contesti, la comprensione accurata di tendenze e dinamiche di lungo, medio e breve periodo.

Il paradosso di questa fase sociale e politica, che dobbiamo accettare fino in fondo senza illuderci di poterlo superare, è che il tempo stringe e la fretta resta sempre una cattiva consigliera. Se è vero che non possiamo tentennare, lo è altrettanto il fatto che per intraprendere una riconversione ecologica dell’economia e per liberarci della malapolitica, servono lucidità, PAZIENZA e dialogo. Dinnanzi ai temi della sanità, della cultura, della ricostruzione, dell’ambiente e del lavoro, abbiamo bisogno di ragionare, mettere alla prova le alternative esistenti, scegliere democraticamente. Dove si smette di tessere il confronto, e dove il pensiero si fa opaco e poco strutturato, si installano i populismi e le finte soluzioni tecnocratiche (o le fantasie adolescenziali dei rivoluzionari da tastiera).

Dobbiamo quindi riscoprire il piacere di produrre idee nuove per situazioni complesse. Le vecchie parole d’ordine (“competizione”, “innovazione continua”, “performance” ecc.) vanno messe da parte e lasciate ai libri di storia. Altrettanto sterili sono diventate le critiche al sistema che rimangono tali e non prendono mai la forma di proposte concrete per una vita comune armonica e solidale. Anche della critica fine a se stessa dovremo fare a meno e delle bandiere identitarie usate come armi per difendere i propri fantasmi di purezza. La bellezza di pensare-insieme sia la stella polare per una stagione di lotte creativa e trasformativa.

Paolo Bartolini

 

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