Noi non siamo equidistanti.
Non possiamo essere equidistanti tra chi opprime e chi viene oppresso, tra le vittime e i carnefici.
Non possiamo ignorare lo sgombero delle famiglie palestinesi a Gerusalemme Est e la repressione israeliana durante le celebrazioni del Ramadan, da cui questa escalation ha avuto inizio.
Né la continua repressione del popolo palestinese da parte del governo israeliano di Netanyahu, in spregio alle risoluzioni ONU ed al diritto internazionale, le continue violazioni dei diritti umani, l’espandersi delle colonie illegali, la demolizioni delle case palestinesi, le detenzioni arbitrarie, le uccisioni ingiustificate, le condizioni di vita miserabili alle quali sono condannati i palestinesi, l’Apartheid, l’impossibilità di avere un proprio Stato.
Non possiamo essere equidistanti tra un esercito di occupazione tra i più potenti e tecnologicamente avanzati al mondo e un popolo costretto a vivere da decenni isolato dal resto del mondo, in miseria e sotto un’occupazione militare illegale.
Per troppo tempo tutto questo è avvenuto con la complicità della comunità internazionale.
Oggi più che mai è necessario fermare l’ennesimo crimine di guerra israeliano e tornare a parlare di un serio processo di pace che parta dal riconoscimento del popolo palestinese e del suo diritto di autodeterminazione.
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