Nessuna promessa, il viaggio continua

Cosa significa – come ricorda il filosofo e psicoanalista Miguel Benasayag – agire politicamente in un’epoca che non può contare sulla promessa di un futuro radioso? Significa, innanzitutto, maturare un senso ecologico di sé e dei contesti a cui prendiamo parte. Non abbiamo un’ideologia complessiva che ci possa guidare nell’odierna transizione dalla società energivora e consumistica del capitale a una società della cura. Questo, invece di disorientarci, può essere di grande aiuto. Sì, perché la modernità ci ha consegnato l’immagine di umani che intraprendono battaglie di emancipazione partendo dalla promessa astratta di un avvenire buono, luminoso, mondato dalla negatività.

Dopo le catastrofi novecentesche, sappiamo che il razionalismo astratto non porta verso la giustizia sociale e ambientale, bensì alimenta un pericoloso riduzionismo per il quale tutti/e dovrebbero obbedire ai princìpi astratti di una rivoluzione che, nei fatti, non partorisce mai il mondo giusto che annuncia. Oggi siamo chiamati a una presa di consapevolezza enorme: l’avversario esterno è sempre lo stesso (il tecno-capitalismo), ma non esiste un’unica prospettiva socioeconomica e politica da opporgli. Se accettiamo di muoverci su un piano generale e “totale” siamo condannati alla sconfitta. Solo agendo in ogni situazione in maniera alternativa alle leggi non scritte della competizione, dello sfruttamento, del consumo, potremo generare solidarietà e speranza. È tempo, insomma, di ripensare a fondo l’agire politico nell’era della complessità, sapendo che la Trasformazione che desideriamo si realizza ogni giorno, qui e ora. Perché i semi del futuro vanno piantati con i gesti quotidiani, senza aspettarci mutamenti “globali” che, impossibili da realizzare in tempi brevi, ci condannano alla frustrazione, alla delusione, all’impotenza.

Ecco perché gli attivisti contemporanei, che lavorano in direzione di alternative multiple al sistema, devono liberarsi di schematismi troppo rigidi e coltivare nel presente uno spirito utopico radicato nelle situazioni, nei corpi, nei ritmi del possibile. La più bella frase, in questo senso, circola in Chiapas dove il fronte zapatista lotta per il suo popolo: “Lento, pero avanzo”. Lentamente, ma vado avanti. E non mi fermo.

Paolo Bartolini

Write a comment