Quale movimento politico e culturale potrà incidere nell’attuale scenario locale, nazionale e internazionale senza partire da una comprensione ecologica dei problemi in campo? Ma ancor di più: come trovare soluzioni al garbuglio delle contraddizioni generate dal capitalismo se non si coltiva una visione alternativa del rapporto tra umani e non umani, comunità ed ecosistemi? Ecco, allora, che la posta in gioco ci si mostra crudelmente. Non si può costruire una civiltà della cura, giusta, solidale e sostenibile, senza una concomitante presa di consapevolezza antropologica, filosofica e spirituale.
Culturalmente noi occidentali abbiamo preso forma muovendo da una radicale scissione concettuale e simbolica, ricca di conseguenze negative: da una parte la Natura (e il Femminile), dall’altra la Società (e il Maschile). Le prime sono state, quindi, considerate terreno di conquista, risorse da sfruttare, controllare, capitalizzare. Il dualismo oppositivo inquina la nostra tradizione, impoverendola. Pensiamo, ad esempio, al modo in cui parliamo degli ecosistemi con cui coevolviamo in accoppiamento strutturale. Li consideriamo “ambienti” intorno a noi, qualcosa di esterno da cui difenderci o da “valorizzare” economicamente. Invece gli umani, piaccia o meno, non hanno ambienti, ma creano mondi culturali e lo fanno comunque all’interno di specifiche porzioni viventi del pianeta Terra.
Se riusciremo a pensarci e a sentirci come espressioni di una comune realtà, pur con le nostre peculiarità che ci differenziano dalle altre specie (senza instaurare gerarchie tra di esse), potremo dare al termine “ecologismo” uno spessore nuovo, andando oltre alla retorica ipocrita della crescita verde, dello sviluppo sostenibile, della crescita compatibile. Per questo, come suggerisce da tempo il sociologo e antropologo Bruno Latour, dovremmo imparare a considerarci dei “collettivi” di umani e non-umani coinvolti in una serie di legami da difendere e proteggere. L’economia e la politica che ci servono sono quelle che non aggrediscono tali legami, ma li preservano e promuovono consapevolmente.
Paolo Bartolini
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