Eravamo in attesa del nominativo del nuovo ministro ma non ci aspettavamo proprio un colpo di mano sull’impianto generale del Ministero tradizionalmente denominato dell’Istruzione e da oggi anche del Merito.
Per ciò che riguarda il Ministro, Giuseppe Valditara, 61 anni, avvocato e docente universitario di Diritto Romano, non possiamo esprimere per ora alcun giudizio se non che , munito di titoli accademici relativi alla Giurisprudenza, forse sarebbe stato più adatto a ricoprire qualche altro dicastero piuttosto che un Ministero che ha a che fare con la Scuola e quindi con la Pedagogia. Restiamo in attesa dei suoi primi interventi.
Ciò che preoccupa assai già da subito è invece la svolta del nome dato al Ministero che Valditara andrà a ricoprire, un nome che appare già un programma non solo per la comparsa del sostantivo “merito” ma anche per la scomparsa preoccupante dell’aggettivo “pubblica” relativo ad istruzione.
L’idea del merito tormenta la politica di destra da sempre. Non è una semplice scelta strumentale quanto un’idea dell’Uomo, della Persona e della Società che vi sta alla base. Secondo tale filosofia politica la società va gestita dai soli uomini e donne capaci, dalle eccellenze, per cui il risultato sarà una società stessa migliore. In tal modo chi non dimostra di essere all’altezza (attraverso il merito, appunto) va relegato a posti secondari o marginali della stessa. Una visione che ha tre grandi difetti.
Il primo è che in una democrazia è il popolo stesso a governare la nazione, non degli autocrati, per cui è indispensabile che tutto il popolo sia ben istruito e reso capace a partecipare in modo costruttivo alla società. La scuola ha quindi il compito strategico di aiutare tutti a sviluppare le proprie capacità nell’idea che tutta la gamme delle diverse capacità possibili potranno essere messe al servizio della società stessa.
Il secondo difetto di tale teoria è insito nel metodo di valutazione del merito: come si determina il merito? Attraverso i risultati scolastici, se parliamo di studenti? Ma i risultati dipendono da una varietà di fattori, ambientali, sociali, psicologici, evolutivi quasi infinita; allievi e allieve che nella vita si dimostreranno altamente capaci non vengono spesso giudicati tali durante il percorso scolastico: uno spreco di umanità e di intelligenze. Ma poi quali sono questi risultati? I buoni voti nelle materie scolastiche? E a che punto del percorso scolastico vanno misurati i risultati per essere sicuri di premiare il merito? Dalla prima elementare, dalla seconda? Ritorneremo alle bocciature alla scuola primaria e ai voti numerici appena lasciati? Così anche se per merito si intende quello della professionalità insegnante e del personale scolastico; giusto richiedere competenza e serietà a chi lavora nella scuola ma chi deciderà il merito, il dirigente? Così avremo dato un taglio definitivo alla libertà di insegnamento e alla collegialità sancita dai Decreti Delegati del 1974.
Terzo: che cosa ne facciamo di tutti coloro che non avendo “meritato” rimangono nel limbo scolastico e a cui verranno precluse scelte migliori nella vita? Ritorneremo alle classi speciali? Li lasceremo da parte con gli insegnanti di sostegno mentre i “meritevoli” andranno avanti col programma? Ingrosseremo le fila della mortalità scolastica? Presumibilmente la logica del merito porterà tutto ciò: una società sempre più divisa tra chi può e chi non può e sappiamo già che chi può non è il più intelligente ma quasi sempre il più potente e il più benestante.
La Scuola che vogliamo noi è la scuola per tutti, perché crediamo che in ogni persona, in ogni allieva e allievo ci sia un tesoro utile a tutti indipendentemente se riesce a capire la matematica, le lingue o la tecnologia. Crediamo da sempre che gli ultimi sono una risorsa preziosa a scuola come nella società. E’ questa la differenza sostanziale tra la visione meritocratica e gratuita dell’educazione: la prima finalizza la persona all’efficienza del sistema, si cura in primo luogo del sistema; la seconda si cura in primo luogo della persona. Noi crediamo che questa sia la scelta giusta, come lo credevano Don Milani, Mario Lodi, Alberto Manzi.
Il cambio di nome ci sembra chiaramente un programma sulla scuola e sull’educazione come testimonia il primo punto della proposta elettorale della compagine guidata da Giorgia Meloni “Rivedere in senso meritocratico e professionalizzante il percorso scolastico” e come tale va contestato subito e fortemente. Purtroppo, lo dimostrano le tiepide reazioni al fatto compiuto, non esiste più una parte politica che sappia scandalizzarsi se l’ente che presiede alla Scuola Italiana dovrà d’ora in poi essere chiamato da insegnanti, dirigenti, famiglie e studenti Ministero del Merito. Già questo, prima ancora delle implicazioni che verranno, rappresenta verso i giovani, un danno educativo grave, in quanto tentativo di fargli assimilare sempre più l’idea di un sistema di vita competitivo ed escludente che finirà con l’accresce il conflitto sociale e rendere sempre più angosciosa la loro realizzazione e il loro futuro .
Ferdinando Maria Ciani
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