Finora il movimento “Dipende da Noi” si è concentrato sulla vita pubblica regionale e locale. Ma che cosa faremo di fronte alla scadenza delle elezioni politiche del 2023? A tre anni dalla nostra nascita serve anzitutto un bilancio provvisorio. I punti da migliorare sono molti, a partire dall’esigenza di radicarsi omogeneamente sul territorio regionale mediante una rete di gruppi cittadini attivi con continuità.
D’altra parte “Dipende da Noi” ha dalla sua caratteristiche molto positive: lo spirito e il metodo della democrazia partecipata e trasformativa; la qualità delle relazioni tra le persone aderenti; la stima che intorno a noi è cresciuta; la capacità di porsi come interlocutori di altri movimenti, associazioni e liste; l’impegno nel promuovere un nuovo pensiero collettivo di sinistra. Tra i risultati ottenuti ricordo la forza di svilupparsi dopo l’esito frustrante delle elezioni regionali del 2020; il consolidarsi su scala regionale di una comunità di aderenti e di una rete di simpatizzanti; la nascita di gruppi operativi in diverse città; la forza di avere un ruolo trainante in alcune lotte come quelle per l’acqua pubblica, contro le privatizzazioni, per la pace; la capacità di partecipare alle elezioni di Tolentino (3,6 %) e di Civitanova (4,8 %), con l’elezione di un consigliere comunale.
Sul piano delle elezioni comunali i margini d’azione sono più ampi, perché possiamo esprimerci sia con un’azione autonoma, sia in coalizioni di centro-sinistra riuscendo realmente a essere incisivi. Ma di fronte alla scadenza delle elezioni politiche del 2023 lo spazio si restringe di molto. Si presentano solo due ipotesi sconfortanti, apparentemente opposte ma ugualmente senza sbocco se le affronteremo con un approccio convenzionale. Un’ipotesi dice di entrare nella coalizione di centro-sinistra appiattendosi sulla mentalità neoliberista e conformista del PD, senza coltivare una prospettiva alternativa di giustizia sociale ed ecologica. L’altra ipotesi dice di entrare in una coalizione di sinistra antagonista, facendo come se De Magistris fosse il Mélenchon italiano, per ottenere alla fine l’1% dei consensi. In entrambi i casi saremmo irrilevanti. Davvero vogliamo dividerci su questo?
La mancanza di spazio politico non è un problema di “Dipende da Noi”, è un problema di tutta la sinistra in Italia e nel mondo. Ed essa è tanto più grave a fronte del crescente distacco di larghi strati di popolazione dalla politica e dalla democrazia. Questa perdita di fiducia nell’esercizio della cittadinanza è catastrofica e tende a propiziare l’avvento di governi sempre più autoritari. In una situazione del genere ci investe il dovere di fare la nostra parte per elaborare un modo generativo, non convenzionale, di fare politica. Non possiamo inventarci una terza strada, ma possiamo percorrerne una in maniera che non sia fatalmente un vicolo cieco. Sarà giusto scegliere solo dopo aver svolto un lavoro adeguato e non in maniera pregiudiziale. Non vedo chi ora possa esibire seriamente una soluzione già pronta.
La posizione di chi vuole impedire che Giorgia Meloni diventi presidente del Consiglio è giusta ed è miope dire che tanto sono tutti uguali, perché poi gli atti di un governo di estrema destra ricadrebbero – in maniera peggiore che non nel caso di un governo di centro-sinistra – non solo su classi sociali e gruppi già sacrificati, ma sulle condizioni minime della democrazia e della legalità costituzionale in Italia. Al tempo stesso la posizione di chi vuole contrastare la logica neocapitalista introducendo i semi della società nuova è altrettanto giusta e irrinunciabile perché è la vita dei popoli a chiederci con urgenza questa svolta mentre il sistema del capitale e della guerra devasta il mondo intero.
Bisogna pensare e conoscere per meglio agire, diceva Amilcar Cabral. Ci è necessario un percorso di riattivazione del pensiero collettivo, tra noi e nel confronto con altri soggetti, in un clima di rispetto, senza scomuniche, per comprendere come tenere insieme le diverse posizioni e le intuizioni migliori. Dobbiamo elaborare una strategia inedita di alleanze sociali e culturali. Poi, attraverso un itinerario di dialogo, di partecipazione ai conflitti sociali in atto e di rafforzamento della nostra presenza, arriveremo a decidere quale via prendere per le elezioni del 2023.
Intanto chiedo, a chi vuole, di intervenire in questo dibattito con articoli argomentati e propositivi. Dopo l’estate comunque dovremo discutere la questione in una prima assemblea regionale. Al tempo stesso non possiamo fare a meno di uscire dal nostro ambito per confrontarci anche con altre persone, categorie sociali, gruppi e associazioni, recependo le loro esigenze, le loro lotte e le loro idee, perché questo cammino riguarda tutti i soggetti che hanno a cuore la democrazia. Nei prossimi mesi organizzeremo una serie di incontri aperti sulle priorità democratiche che vogliamo far valere. È essenziale che noi svolgiamo questa funzione di promotori del dibattito collettivo. E dobbiamo farlo mettendoci al fianco di chi, anzitutto nelle Marche, si sta battendo contro l’ordine neoliberista del mondo.
È tempo di mettere insieme i punti di vista divergenti, i medesimi desideri di liberazione, i valori comuni, le idee più avanzate, le proposte originali e concrete, senza cedere affatto allo sconforto per la grande ristrettezza dei margini di iniziativa. Diversi di noi tifano già per questa o quella soluzione. Io invece oggi non ho idea di quale sarà alla fine la posizione migliore. Ma sono sicuro che questo sarà un cammino dove impareremo a non farci mettere in un angolo e potremo agire in maniera più efficace e credibile anche agli occhi dei molti che si illudono di protestare tenendosi lontani dal voto. Non tutto dipende da noi, ma la nostra parte, per piccola che sia, dobbiamo farla bene e profondamente uniti.
Roberto Mancini
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