Assistiamo, invece, a un lavoro salariato spesso privo di sicurezza e non qualificato; alla precarietà diffusa e a lavoretti informali; a diritti svenduti e a licenziamenti facili; a un’innovazione tecnologica che riduce i posti di lavoro in mancanza di sostegni al reddito delle famiglie. E con la crisi economica che sta incubando in questi mesi, è probabile che i ricatti ai danni dei lavoratori aumentino.
Per questo siamo accanto a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori, convinti che ripartire da loro sia indispensabile per qualsiasi progetto politico di trasformazione dell’esistente. Senza un ripensamento radicale della questione del lavoro ogni promessa di cambiamento è destinata a cadere nel vuoto. Lo hanno dimostrato le cosiddette “sinistre” riformiste, e una parte cospicua dei sindacati, che hanno rinunciato letteralmente a mettere in discussione i diktat del dio Mercato negli ultimi decenni.
Bisogna uscire in fretta da questo tempio e tornare all’aria aperta. Rimettiamo le persone al centro, con i loro saperi, con il loro sudore, con la dignità e la voglia di cooperare per un’economia sostenibile.
Ma soprattutto ampliamo la percezione del lavoro come valore, fino a riconoscere la necessità di una riconversione profonda: il lavoro deve esprimere CURA della vita, delle relazioni, dei beni comuni.
Solo così potremo abbandonare l’inciviltà dell’accumulazione e del capitale per entrare in una civiltà ecologica della cura e della dignità per tutte e tutti.
Paolo Bartolini
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