La mente umana e i processi di pensiero sono estremamente affascinanti. Purtroppo riescono anche a stupirci in negativo, soprattutto quando si semplifica ciò che dovrebbe essere affrontato nella sua complessità. Fantasie di cospirazione e forme più o meno paranoiche di negazione della realtà accompagnano l’evento pandemico da un anno. Per molti il Covid-19 sarebbe stato inoculato nel corpo stanco delle società umane con il preciso obiettivo di rendere docili gli ultimi resistenti e imporre una qualche neo-dittatura sanitaria. Ovviamente in nome di un Great Reset del sistema, con annullamento dei diritti individuali e instaurazione di un regime di sorveglianza diffuso. Ecco, quindi, che le interruzioni periodiche delle attività produttive ed economiche, il distanziamento sociale, le mascherine, i vaccini e altro sarebbero inutili e controproducenti. Lo sarebbero, soprattutto, perché “dietro c’è un piano” e bisogna svegliarsi e disobbedire!
Dobbiamo essere sinceri, questa bancarotta del pensiero critico è stata alimentata anche e soprattutto dalla retorica degli “esperti”, dalla pretesa che qualcuno detenesse la Verità della Scienza e potesse imporla dall’alto zittendo dubbi, domande e richieste di dibattito democratico. La supponenza con la quale certe istituzioni hanno affrontato gli snodi difficili di questo passaggio storico, è servita solo a polarizzare l’opinione pubblica. Lo stesso accade oggi con il piano vaccinale e con i legittimi quesiti sollevati dagli effetti negativi che si registrano in taluni casi e per certe categorie di persone a seguito della somministrazione del farmaco. Ciò che manca, troppo spesso, è l’arte del discernimento. Siamo abituati, per mettere ordine nel caos sistemico del presente, a cercare certezze assolute, a immaginare soluzioni facili e non controverse. Le analisi dei problemi risultano fin troppo lineari, banali e si fondano su meccanismi difensivi che individuano nemici precisi e intenzioni malevole laddove, invece, esistono intrecci profondi di interessi, progetti sull’umano, imprevisti, ambizioni, ignoranze condivise.
Il progetto di un capitalismo “sostenibile”, che punti su rinnovamento digitale e green economy di facciata, esiste da lustri. Il virus, che non è stato creato a tavolino (del resto sono decine i virus latenti che potrebbero a breve scatenare altre epidemie ben più pericolose di quella odierna), dice dello scasso ambientale e dell’insostenibilità di un modello di sviluppo che sacrifica gli ecosistemi e le vite umane in nome della crescita, dell’accumulazione economica e del profitto privato. Il potere ha colto l’occasione offerta dal Covid-19 per accelerare le proprie tendenze già in atto – non è forse vero che siamo “sorvegliati” e “profilati” da alcuni decenni a vantaggio delle multinazionali dei Big Data? Sicuramente la situazione di emergenza rende ancora più facile liquidare ogni opposizione sociale, inducendo nei cittadini la convinzione che la sicurezza sia l’unico valore per cui battersi, mentre la giustizia sociale e ambientale viene sostituita dai proclami sterili dei politici e dalla retorica presente nei Piani di ripresa e resilienza approvati in fretta e furia senza dibattito parlamentare. Senza una grande mobilitazione di popolo che chieda di rafforzare la medicina di prossimità e preventiva, di investire in maniera massiccia sulla sanità pubblica, di riconvertire profondamente l’economia in senso ecologico, di invertire la rotta per quanto riguarda allevamenti intensivi e altri ricettacoli di nuovi virus letali, di uscire dalla logica del profitto e dell’innovazione fini a se stessi, di proteggere in maniera prioritaria tutti i soggetti fragili che rappresentano una parte cospicua dell’intero corpo sociale, ci troveremo a vivere un futuro distopico nel quale crederanno di avere diritto di parola solo i solerti esecutori del dogma neoliberale o i loro pseudo-oppositori parafascisti e complottisti. Un gioco pericoloso, che in realtà vede uniti costoro su un punto decisivo: l’iniziativa economica e la spinta al profitto non devono mai subire limitazioni di sorta. Ciascuno deve poter fare quello che vuole, in nome di un individualismo oggi esacerbato dall’uso ingenuo di internet e delle sue “risorse” informative. Ecco, allora, che le destre più torbide finiscono per concordare nei fatti con le aspettative di Confindustria e di altri supporter delle politiche padronali, nel comune desiderio di bandire qualsiasi limite al mercato e alla sua prepotenza. Sono tempi oscuri e bisogna tenere accesa la fiamma della candela: la nostra ragione critica. Sacrificarla sull’altare del riduzionismo può essere l’errore mortale per una democrazia già in fin di vita.
Paolo Bartolini
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