Nell’ultimo post scritto per questo blog ho avuto modo di sostenere che il regime con cui è gestita la sanità delle Marche può essere definito “autocratico elettivo”. Un regime in cui chi decide ritiene di poter prescindere dal confronto e dalle verifiche con i vari soggetti politici e sociali perché essendo stato eletto basta che nelle sue decisioni rispetti quanto promesso in campagna elettorale. Poco importa alla politica se poi quello che ha promesso e decide è incompatibile con le norme e impraticabile per i vincoli cui comunque le sanità regionali sono sottoposti. Intanto lo decide, perché l’obiettivo non è la qualificazione della risposta ai problemi di salute dei cittadini, ma il mantenimento del consenso elettorale.
Di questa impostazione c’è stata nelle Marche una dimostrazione lampante (come si diceva una volta) con il recente Masterplan di Edilizia Sanitaria ed Ospedaliera, un piano che:
- non rispetta le indicazioni del Decreto Ministeriale 70 del 2015 che regolamenta la programmazione delle reti ospedaliere;
- non tiene conto delle effettive disponibilità di personale, già oggi in forte sofferenza in tutti gli ospedali della Regione;
- non tiene conto della debolezza attuale dei servizi territoriali distrettuali e di prevenzione che con questo piano ospedaliero risulteranno ancor più penalizzati;
- non presenta alcun dato a supporto delle scelte fatte;
- va contro le indicazioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza;
- è stato approvato con la evidente complicità dei tecnici regionali senza alcun confronto vero con le forze politiche e sociali della Regione.
Questa modalità di gestione delle scelte di politica sanitaria è in continuità con la azione della precedente Giunta che era arrivata a scelte diverse (tre ospedali unici per Pesaro-Fano, Macerata-Civitanova Marche e Ascoli Piceno-San Benedetto del Tronto) con lo stesso metodo, quello che ho chiamato autocratico elettivo: nessun dato, nessuna analisi, nessun confronto. Qui bisogna intendersi sul significato che io da tecnico (e quindi non da politologo) attribuisco ai termini autocratico e democratico nel governo della sanità. In estrema sintesi, considero democratico quel regime in cui le decisioni si prendono con la partecipazione informata, consapevole e istituzionalizzata di cittadini, operatori e forze politiche e sociali.
Non assomiglia neanche un po’ alla espressione di un regime democratico il tour che sta facendo la attuale Giunta tra i vari territori delle Marche all’insegna dello slogan “La Regione ascolta i territori”. Nel comunicato stampa che annunciava il primo di questi incontri, tenutosi a Sassocorvaro-Auditore, la Regione descriveva così il tour: Inizia da giovedì 17 giugno, da Sassocorvaro Auditore (PU), il ciclo di incontri che nei prossimi mesi porterà la Regione su tutto il territorio regionale per ragionare con sindaci, enti locali, operatori sociosanitari e cittadinanza, sul futuro della sanità marchigiana. Una serie di appuntamenti fortemente voluti dal Presidente Acquaroli, dall’assessore Saltamartini e dall’intera amministrazione regionale per confrontarsi con i territori nell’ottica di una riorganizzazione generale dell’assetto della sanità regionale e per il nuovo Piano Sociosanitario.”
Un tour di questo genere così come è organizzato è una presa in giro. Si raccolgono i desiderata locali, si manifesta l’intenzione di soddisfarne il maggior numero possibile nel più breve tempo possibile, si fanno le foto tutti sorridenti con i dirigenti della sanità regionale e i politici locali, non si prende alcun impegno vero e si passa alla prossima tappa. Tutto questo piace perché avvicina teoricamente la politica che governa alle comunità locali governate dando la sensazione che “qualcosa sta cambiando” e che “almeno questi ti stanno sentire” in contrapposizione allo stile arrogante e supponente (opinione mia) del Presidente/Assessore Ceriscioli.
Un primo passo per uscire da questo regime autocratico in cui sembra che tutto possa essere deciso senza un confronto vero perché informato e consapevole è quello di rendere trasparenti i dati sul sistema sociosanitario regionale, che è la precondizione per rendere trasparenti i processi decisionali con cui lo stesso viene gestito. Una delle enormi responsabilità politiche e tecniche della precedente Giunta e del suo staff tecnico è stata quella di azzerare in pratica la circolazione dei dati sociosanitari facendoli scomparire letteralmente dai siti istituzionali della Regione compresi quelli della Agenzia Regionale Sanitaria (ARS). Solo a titolo di esempio si possono verificare dati e informazioni del Sistema di Emergenza Territoriale nella pagina dedicata del sito dell’ARS. Niente. Come niente (ma proprio niente) si trova in quella dedicata alla Cure palliative e Terapia del Dolore o come quasi niente si in quella dedicata alla Prevenzione e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro in cui i dati sugli infortuni sono fermi al 2016.
È tragicamente buffo che in occasione delle recenti dimissioni di un dirigente della sanità regionale un giornale locale abbia titolato un articolo al riguardo con “Sanità, la Regione Marche perde la testa”. Perché, viene da dire, ce l’aveva? La testa della sanità di una Regione prima che i suoi dirigenti, sono il patrimonio di dati e di analisi che ne consentono il governo. A mia opinione sarà questo uno dei primi test di valutazione del futuro assetto tecnico direzionale della sanità marchigiana: la sua capacità di garantire un utilizzo appropriato dei flussi informativi e quindi dei dati e della loro analisi finalizzato alla promozione di una maggiore trasparenza dei processi decisionali e di una maggiore partecipazione agli stessi da parte di cittadini, operatori e forze politiche e sociali. Con una politica come quella che ha governato nella precedente legislatura la sanità marchigiana e come quella che la sta governando la trasparenza dei dati diventa (quasi) una rivoluzione.
Claudio Maria Maffei
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