La resilienza del male

La resilienza del male. È la tendenza dei soggetti disumanizzati e dei sistemi di potere ad aggravare la loro reazione distruttiva proprio quando si aprono spiragli di guarigione del mondo. Anziché cedere alla novità di forze vitali che migliorano le situazioni, quei soggetti e quei sistemi fanno di tutto per accelerare la spirale di degrado che avevano innescato. Chi vive con umanità può mettere in campo una più lucida consapevolezza del proprio stare al mondo, un’etica più efficace, una maggiore dedizione alla giustizia, un agire politico nonviolento, un impegno al risanamento dell’economia, tentando quella traversata storica che oggi viene evocata come transizione ecologica. Ma, per spegnere tale opera di liberazione, chi è preda della disumanità moltiplicherà le energie per rendere irrimediabile la situazione.

Del male non si parla volentieri, sembra un termine eccessivo. Per molti bene e male sono riferimenti del tutto relativi. Per altri il male è qualcosa di abissale e misterioso. A me pare invece che, a parte quelle forme di distruzione della vita indipendenti da noi e derivanti da eventi naturali, il male siamo noi quando siamo disumani. Allora accade che o lo commettiamo con le nostre perversioni e stupidità di individui, oppure collaboriamo al suo condensarsi in grandi sistemi di potere che opprimono gli esseri viventi. La modernità si è caratterizzata soprattutto per questa modalità strutturale, istituzionalizzata, globale, al punto da mettere a repentaglio la sopravvivenza della nostra specie e la salute del pianeta.

La parte più consapevole dell’umanità ha compreso il pericolo e sta agendo per la salvezza di tutti. Contro questa primavera storica si scatenano le convulsioni di resistenza a tutti i costi da parte del sistema necrofilo della globalizzazione della violenza e dei suoi servitori. Il primo fenomeno di questo tipo è la radicalizzazione del processo di riduzione del mondo a mercato, riaffermato sotto il rivestimento ideologico della “sostenibilità”. Il surriscaldamento dell’atmosfera si aggrava e questo sistema accresce, anziché diminuire, tutte le pratiche che lo determinano.

Poi c’è il fenomeno della preponderanza della guerra nel circuito geopolitico e della corsa al riarmo delle nazioni e persino dei singoli. Il mondo ha estremo bisogno di dialogo, nonviolenza, diplomazia, pacificazione e che fanno i disumanizzati? Si armano, sparano, uccidono sempre di più. Non c’è solo la guerra contro l’avversario etnico o politico. È in atto la guerra sistematica a tutte le soggettività più sintoniche con la vita e più allergiche alla logica del potere: contro le nuove generazioni, contro le donne, contro chi emigra per un’esistenza migliore, contro la natura.

Ciò non sarebbe possibile senza il contagio del totalitarismo aperto o subdolo, in molti Paesi. Il fascismo continua a diffondersi in molte forme: fondamentaliste, misogine, razziste, aziendaliste, sovraniste. Nel momento in cui l’umanità ha bisogno di diventare una stessa comunità solidale, c’è una recrudescenza di nazionalismi. E il nazionalismo è già fascismo.

La disgregazione è così esasperata che il nazionalismo non basta: si tenta di spezzare le comunità politiche e costituzionali dividendole in parti vincenti e in parti abbandonate a sé stesse. L’attuale imposizione della cosiddetta “autonomia differenziata” concepita da un vero maestro dell’ingegneria istituzionale come Calderoli, lo stesso che già aveva definito la legge elettorale da lui confezionata come “una porcata”, fa tornare l’Italia ai tempi del congresso di Vienna e la frammenta in regioni a sé stanti nell’epoca delle sfide globali. La scuola, la sanità, i diritti fondamentali sono sacrificati sull’altare dell’egoismo regionalista per il disprezzo verso l’Italia della Costituzione e della democrazia solidale.

Questo vortice della disgregazione va fermato scegliendo un nuovo impegno politico per tutelare il bene comune, nel quale porteremo non le nostre miserie ma il meglio della nostra umanità.

Roberto Mancini