La partecipazione implica il costruire relazioni e stare con gli altri, questo è quanto emerge confrontando le tante definizioni che si possono trovare sui dizionari e testi e de ciò da cui intendo partire in questo mio scritto.
Personalmente sono convinta che nulla si costruisce veramente in solitudine e che è fondamentale avere persone con cui condividere progetti, aspettative o sconfitte e delusioni e così procedo nella mia vita e nelle mie tante partecipazioni.
Se rileggo la mia vita in questa ottica mi accorgo che nei miei primissimi anni di vita (ho frequentato un asilo montessoriano) ho scoperto ed imparato uno stile di vita partecipativo in cui veniva insegnato a contribuire ciascuno con qualcosa e che poi l’ho coltivato nel mio agire quotidiano in famiglia, a scuola, nello sport, nell’associazionismo, nella politica.
Prendo in prestito la definizione della Partecipazione Politica dall’Enciclopedia delle scienze sociali edita nel 1996 dalla Treccani scritta dal politologo Giacomo Sani (1932 – 2010).
In apparenza definire la partecipazione politica può sembrare un compito facile: partecipare vuol dire ‘prendere parte’ alla ‘vita politica’ della società in cui si vive, alle attività politiche della propria comunità. Ma basta un momento di riflessione per rendersi conto che i due termini di questa espressione sono piuttosto ambigui e possono facilmente prestarsi a interpretazioni diverse. Intanto, che cosa significa ‘prendere parte’, quale tipo di comportamento può essere considerato a tutti gli effetti un atto di partecipazione? E, in secondo luogo, dove vanno collocati i confini tra la sfera della politica e le molte altre sfere di cui si compone il sociale?
Queste ambiguità di fondo spiegano perché il concetto di partecipazione politica non venga sempre inteso in maniera univoca. Gli studi sul tema testimoniano, anzi, l’esistenza di visioni notevolmente diverse del fenomeno. Da un lato vi è chi preferisce una definizione ristretta del concetto, che porta a classificare come comportamenti partecipativi solo alcuni tipi di azione, come ad esempio l’esercizio del voto, la militanza in un movimento politico, l’appoggio dato a un candidato, la richiesta di intervento da parte di un organo di governo per risolvere un problema e via dicendo. Dall’altro troviamo definizioni più ampie, che fanno rientrare nel concetto di partecipazione politica ogni azione che direttamente o indirettamente miri a proteggere determinati interessi o valori (consolidati o emergenti), o sia diretta a mutare o a conservare gli equilibri di forza nei rapporti sociali. In questa seconda prospettiva rientrerebbero tra le forme di partecipazione anche molte azioni intraprese dai cittadini nell’ambito di sfere sociali diverse e solo indirettamente collegate a quella comunemente definita come politica.
Al fine di circoscrivere il fenomeno può essere rilevante anche l’elemento soggettivo, il significato che gli attori attribuiscono alle loro azioni. Così, ad esempio, per alcuni cittadini prendere parte attivamente alla vita di un’associazione non politica (ricreativa, religiosa, sindacale) può venire vissuto come una esperienza politicamente rilevante. Per altri, invece, anche un atto obiettivamente classificabile come partecipazione politica (ad esempio il voto) può essere compiuto in maniera meccanica e accompagnarsi a sentimenti di estraneità rispetto alla vita della comunità politica
Bene, io mi trovo nella definizione più ampia a cui aggiungo l’elemento soggettivo e, considerato anche che lo scritto che vi ho postato risale a circa trent’anni fa, vado ancora oltre.
Tra le tante esperienze di partecipazione nelle amministrazioni comunali ne voglio ricordare due entrambe molto efficaci e decisamente diverse tra di loro: c’è l’esperienza del Comune di Grottammare che, dall’elezione a Sindaco di Massimo Rossi nel 1994 ha istituito le giornate della partecipazione come luoghi di confronto, progettazione e verifica con la cittadinanza e raccontata nel video contenuto qui (dal minuto 24) e c’è il Comune di Vignola che dal 2014 ha avviato il progetto Partecipattiva con il quale ha istituzionalizzato la partecipazione ed i relativi strumenti da utilizzare.
Ma come possiamo realizzare la partecipazione se, prima, non tessiamo relazioni tra le persone?
Ritengo che la partecipazione non possa prescindere dalla relazione che inizia con la conoscenza profonda di noi stessi. Chiediamoci chi siamo, cosa vogliamo (e per chi lo vogliamo) e diamoci degli obiettivi, sulla base di ciò incontriamo le persone e parliamo con loro per individuare obiettivi comuni e progettare il domani.
Ho una sola ma fondamentale regola: mai distruggere ma costruire, proporre e tutto in assoluta trasparenza. Ho obiettivi personali? Li esplicito senza vergogna e all’insegna della coopetizione ossia la cooperazione per vincere insieme raggiungendo sia l’obiettivo condiviso che gli obiettivi individuali.
Ritengo che non possiamo ignorare i problemi emergenti come il cambiamento climatico e la necessità di pace e l’accoglienza e su questi dobbiamo costruire ponti, intessere relazioni e individuare percorsi comuni. L’obiettivo e consegnare ai nostri figli un mondo migliore di questo, rispettoso dell’ambiente e delle persone.
Prima di guardare ai marciapiedi delle nostre città o al parcheggio sotto casa dobbiamo puntare più in alto e riflettere su cosa chiedono le nuove generazioni.
Permettetemi una divagazione: Ultima Generazione ha a cuore i grandi temi, ripete che questa è l’ultima generazione che può fare qualcosa per cambiare in positivo l’equilibrio climatico. Fanno azioni di disobbedienza civile, a mio avviso a volte esagerato, e cercano di scuotere le coscienze e far emergere i problemi. Ma la nostra società non è pronta e continua a guardare il dito che indica invece di guardare la luna…
Ecco, noi dobbiamo guardare la luna, dobbiamo guardare alle emergenze del mondo e iniziare da quelle aiutando chi ci sta intorno a guardare ai problemi per attivarsi, ciascuno per la propria parte, per arrivare ad un risultato.
Come le relazioni possono trasformare la società?
La risposta mi pare ovvia: la società siamo noi, ciascuno di noi è un tassello e se cambiano i tasselli cambia anche l’insieme. Le relazioni ci trasformano e il cambiamento di ciascuno diventa collettivo.
Una società nuova e attenta produce progetti e nuove sensibilità consentendo la partecipazione attiva delle persone che, insieme, diventano a tutti gli effetti Cittadine e Cittadini.
La partecipazione va praticata giorno per giorno e questo può avvenire soltanto tessendo relazioni efficaci ed oneste su obiettivi comuni.
Per quanto mi riguarda continuo ad avere la curiosità di chi vuole meglio comprendere ciò che ha intorno con determinazione e desiderio di cambiamento a partire da me stessa perché voglio essere artefice della mia vita nella convinzione che tutto dipende da noi.
Realizzo il mio impegno in un movimento che, appunto, si chiama Dipende da Noi perché si basa sulla partecipazione come metodo di lavoro e che non è di dimensione locale ma agisce su base regionale con una rete di collegamenti nazionali perché non possiamo fermarci ai temi locali che, certamente sentiamo vicini, ma dobbiamo fare di più, guardare oltre, affinché il nostro lavoro sia parte di un cambiamento più grande e duraturo.
Paola Petrucci
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