Nella nostra cultura sembra che la guerra sia inevitabile e naturale quindi si deve indagare su qualcosa che appare normale e chiederci perché lo sembra.
L’educazione e la politica dovrebbero avere un ruolo determinante nella costruzione di una società pacifica e solidale. Pace vuol dire imparare a vivere promuovendo il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali di ogni persona, riconoscendo e valorizzando la diversità. La scuola ha una responsabilità speciale in quanto è il luogo d’incontro e di crescita delle persone. L’educazione alla pace non è una disciplina ma deve essere considerata come lo sfondo dell’intero processo formativo. Le azioni da compiere per promuovere la pace nella scuola riguardano tutti i momenti della giornata. Nei percorsi di pace lo studente è il protagonista e la pace è da intendersi non solo come enunciazione di principi e valori ma identificazione di azioni e attivazione di processi di apprendimento.
Tutti parlano di pace ma nessuno educa alla pace perché a questo mondo si educa alla competizione e la competizione è l’inizio di ogni guerra. Maria Montessori nel libro “Educazione e Pace” sostiene che è necessaria una nuova educazione per aiutare l’umanità. L’intera sua opera pedagogica è incentrata sul tema dell’educazione alla pace come riorganizzazione psichica dell’umanità nel rispetto del bambino. Si parte dal bambino e dalla sua educazione perché il problema della pace non è solo una questione economica e sociale ma tocca l’essere umano nel suo intimo.
Per una umanità migliore la guerra sarebbe qualcosa di assurdo e se le armi cadranno dalle sue mani in quell’istante un giorno radioso comincerà per la comunità umana. La pace si pone come un problema pedagogico di cui l’educazione è responsabile e i bambini hanno un ruolo di protagonisti nella costruzione di un mondo di pace. Il bambino che ha sentito fortemente l’amore verso l’ambiente e gli esseri viventi ci fa sperare che l’umanità possa svilupparsi in senso nuovo.
Costruire la pace è opera dell’educazione mentre evitare i conflitti è opera della politica. Una delle motivazioni che rende la guerra un fenomeno inevitabile è lo squilibrio economico tra le diverse aree del pianeta. occorre dunque che non solo l’educazione ma anche la politica si adoperi in termini di pace e non di belligeranza. Il presupposto per ridurre le tensioni internazionali, le guerre, il terrorismo è l’eliminazione delle diseguaglianze e della povertà. La lotta per un mondo pacifico inizia combattendo contro la povertà perché non tutti hanno la possibilità di usufruire delle risorse economiche alimentari ed energetiche allo stesso modo. Con la risoluzione di questo problema disinnescheremo la guerra, il terrorismo e soprattutto abbracceremo un mondo più giusto e sicuro.
Secondo il filosofo Umberto Curi la politica ha la capacità di costruire percorsi di pace e la giustizia sociale è la strada da seguire per uscire dalla cultura della guerra. Il conflitto è qualcosa di insito nella nostra cultura, dunque, è qualcosa di fisiologico mentre la violenza è patologica. La guerra è un’istituzione sociale come le altre però la violenza non potrà mai essere eliminata. Per eliminare la guerra non serve semplicemente denunciare o criticare la guerra ma occorre essere concreti realizzando scenari e un futuro diverso esente dalla guerra stessa.
Le tre strade per arrivare alla pace con mezzi pacifici sono l’empatia la creatività e la non violenza. Gandhi per esempio è una figura che ha combattuto attraverso la non violenza per la liberazione del suo popolo e del suo paese: l’India. Modalità di lotte non violente sono digiuno, scioperi, occupazione di una strada, tutte cose che infastidiscono il potere o le persone neutre per indurle al cambiamento.
Come si costruisce allora una cultura di pace? Bisogna che la guerra non venga più ritenuta uno strumento per la risoluzione dei conflitti.
Il giurista Luigi Ferrajoli dice: abbiamo reso l’omicidio un tabù ora bisogna rendere anche la guerra un tabù. La guerra è un crimine e anche coloro che producono le armi commettono reati e Ferrajoli li chiama “poteri selvaggi” perché fanno regredire allo stato di natura le relazioni internazionali dove vige la legge del più forte.
Oltre alla non violenza un altro mezzo per costruire la pace è l’empatia ossia la capacità di vedere le cose dal punto di vista dell’avversario che è propria della sensibilità delle donne. Le donne istintivamente vogliono proteggere la vita di tutti, sono cooperative, come si evince anche nei film “Nausicaa della Valle del vento” di Hayao Miyazaki e “Alexandra” di Alexander Sokurov. L’empatia e la volontà di proteggere la vita altrui, devono essere però comuni a tutti e non solo alle donne. La creatività per esempio è un valore fondamentale per l’ideazione di soluzioni alternative e potenti che possano sensibilizzare e migliorare la società.
Oggi il mondo è sempre più unificato e interconnesso, infatti, quello che succede in qualunque parte del pianeta è rilevante in tutti gli altri paesi. Il mondo è unificato anche dalle stesse minacce, il riscaldamento globale, le diseguaglianze, la guerra atomica, e occorre costruire delle istituzioni di garanzia, occorre mettere al bando le armi come illecite.
Sembra un’utopia? La vera utopia è immaginare che si possa continuare a vivere tranquillamente di fronte a queste tragedie e pensare che questo sia l’unico modo e che non ci siano alternative.
Oggi ci troviamo di fronte alla necessità di promuovere un salto di civiltà e la cultura giuridica ha un ruolo fondamentale nel prendere sul serio le costituzioni. Il mondo perfetto non esiste e non esisterà mai, ci sarà sempre qualche forma di diseguaglianza ma se attuassimo leggi concrete potremmo contrastare il problema. Al contrario se non lo si fa si va incontro alla catastrofe. Gli ostacoli, quindi, a una costituzione mondiale sono rappresentati dagli interessi dei ricchi e dei mercati. Dalla parte dei deboli c’è il diritto ma dall’altra ci sono i più forti che appunto hanno la potenza di imporsi. La forza può e deve essere addomesticata dalla politica e dal diritto. La politica deve prendere sul serio il costituzionalismo e applicarlo a tutto il pianeta. Non ci deve essere nessuno che non abbia gli stessi diritti sociali che tutti posseggono. Bisogna superare tutti i confini tutte le discriminazioni e le sovranità per un mondo migliore e pacifico.
Ludovica Catena