Il solito e necessario “che fare?”

Il governo è caduto, dopo un teatrino incapace di strappare lacrime o sorrisi. Le elezioni sono alle porte: tutto troppo in fretta, tutto troppo tardi. Che fare adesso? Non esistono risposte esaustive. Però, per quanto mi riguarda, qualche idea me la sto facendo. Dati i rapporti di forza e la situazione concreta, è assurdo pensare di poter esprimere una forza emancipativa e antisistema di governo. Possiamo solo pensare di dare corpo a una buona opposizione. A chi trema per la minaccia neofascista mi associo solo in parte. Già il governo Draghi si appoggiava a Salvini e talora a Meloni, senza dimenticare gli altri numerosi signorsì. E poi chiunque andrà a reggere le sorti del Paese dovrà farlo giurando fedeltà non alla Costituzione, ma agli Stati Uniti d’America. Ecco perché l’autoritarismo rimarrà tecnocratico, forse con venature odiose di matrice reazionaria. Votare il PD per frenare questo scempio è, a mio parere, un gesto inconsulto, come quello di chi, preso dal caldo rovente della casa che brucia, cercasse conforto annaffiandosi di benzina. Costruire l’opposizione significa, oggi, prepararsi a governare dopo il collasso democratico che ci attende, ma anche raccogliere energie e idee per dare una rappresentanza degna al pacifismo della maggioranza degli italiani, al conflitto sociale che esploderà dall’autunno, a chi ha trovato assurdo e sbagliato dividere i cittadini in buoni e cattivi mediante dispositivi discriminatori (ovviamente parlo del green pass e di strumenti affini), a tutti coloro che nei territori lavorano per creare comunità sostenibili e meno dipendenti dalle energie sporche, a lavoratrici e lavoratori stanchi di salari mediocri, di precarietà esistenziale, della legge del più forte.

Questa opposizione dovrà intercettare il malessere diffuso (tanto) e incanalarlo verso progetti di r-esistenza e di proposta. Un governo ombra e un’opposizione effettiva, in Parlamento e in tutta la penisola. Ma anche una rete di realtà solidali per tenere botta quando la crisi economica morderà fino all’osso. L’esempio, almeno su questo, rimane l’esperimento di Syriza in Grecia prima delle vicende ben note terminate con il massacro del popolo greco da parte della Troika. In Francia qualcosa recentemente si è mosso. Abbiamo bisogno di altre insorgenze democratiche, finalmente immuni dalle tentazioni suicide di campi larghi riformisti. Le parole d’ordine sono tante e ben note, facciamole nostre: riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, taglio radicale delle spese militari, investimenti massicci sulle energie rinnovabili, reddito minimo garantito, pensione per tutte/i a un’età accettabile, progressiva fuoriuscita dalle alleanze internazionali che distruggono solidarietà e autonomia dei popoli europei, riforma profonda della scuola e de-aziendalizzazione della stessa, rafforzamento della sanità pubblica e della medicina territoriale, patrimoniale sulle grandi ricchezze. Credo che, in assenza di realistiche prospettive di governo nel breve periodo, il fronte democratico ed ecologista che ci serve debba riconquistare una larga fetta di astenuti e tutti i delusi del centro-sinistra e dei cinquestelle. Ad essi aggiungiamo le menti libere e aperte che esistono anche nell’area dei conservatori, purché sia chiaro che un’opposizione del genere resta per definizione antirazzista, antifascista e antisessista. Tutto questo, mi sia concesso, per costruire le basi di un sogno post-capitalista. Del resto, rimanendo dentro il tempio del dio Mercato, siamo destinati solo a nutrirci di macerie.

Paolo Bartolini

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