Ho provato a chiedermi in modo un po’ ingenuo: ma a che modello risponde il governo della sanità marchigiana, una realtà che conosco bene avendo lavorato tanti anni – seppure ai margini -all’interno della scatola nera dove ci sono i suoi comandi. Mi sono chiesto: chi decide, come e con quali forme di interlocuzione e confronto?
Il primo dato da cui credo bisogna partire è che il controllo del livello centrale su quello regionale è minimo, quasi assente. Nella pandemia si è visto e si vede. Si è fatto il Covid Hospital in difformità rispetto alle indicazioni ministeriali, si è fatto lo screening di massa senza alcun fondamento logico (e si è visto) e si sono gestiti e si gestiscono in modo errato e autolesionistico i dati sui tamponi. Dal centro niente. Come dal centro niente quando la Regione ha presentato un Piano di Edilizia Sanitaria in totale contrasto con la normativa in tema di reti ospedaliere. Quindi non puoi contare su un efficace controllo centrale. Da anni il Ministero sa che nelle Marche prevenzione e salute mentale sono sottofinanziati e non è successo niente. Questa assenza di controlli la nuova Giunta l’ha imparato subito dalla precedente. E ne ha tratto a suo modo vantaggio. Il suo vantaggio è solo elettoralistico e di consenso e non c’è il minimo sforzo da parte dei “nuovi” (ormai sempre meno nuovi) di tradurlo in miglioramenti misurabili dello stato di salute dei cittadini.
A livello politico la Giunta non risponde in Regione di fatto a nessuno. Esiste una Commissione Consiliare che si occupa di sanità e sociale, ma il suo lavoro è assolutamente inefficace anche perché poco competente. Non risponde ai media, mediamente (appunto) asserviti. Non risponde alle istituzioni come l’Università che non ha e non cerca un ruolo di interlocutore critico. Non risponde ai cittadini con cui il confronto non è voluto. Non risponde alle forze sociali, con cui il confronto viene evitato. Insomma, la Giunta risponde ai cittadini dopo 5 anni, quando i danni sono stati già fatti. Di fatto in sanità nella Regione Marche non esiste democrazia, quella che richiederebbe trasparenza e partecipazione. Non esisteva con la precedente Giunta e non esiste con quella attuale.
In teoria ci potrebbe essere un ruolo di interlocuzione critica nei confronti della politica per i vertici tecnici della Regione (Servizio Salute ed Agenzia Regionale Sanitaria) e delle Aziende (tra cui ricomprendo anche l’INRCA). Esiste anche un cosiddetto Coordinamento degli Enti con le direzioni del Servizio Sanità e delle Aziende. Ma pure questa interlocuzione critica non esiste.
In linea di massima il modello di governo della sanità della Regione Marche ai miei occhi è dunque una sorta di modello autocratico elettivo. La mia non è una definizione da politologo, dal cui linguaggio in modo dilettantesco l’ho rubata. E’ un modello in cui chi viene eletto sostanzialmente ritiene di avere un potere quasi illimitato. Con la precedente Giunta Ceriscioli aveva addirittura deciso di riunire in una unica figura quella del Presidente e quella dell’Assessore con delega alla sanità. Con questa attuale Giunta c’è una sorta di triumvirato in cui alle due figure citate si aggiunge quella dell’Assessore ai Lavori Pubblici. Ma il modello non cambia.
Tutti gli atti importanti di questa Giunta (il più importante è il Piano di Edilizia Sanitaria) sono stati approvati non in base ad una analisi ed un progetto, ma in base al consenso elettorale che si era ottenuto su quel tema. Ecco la espressione tipica di una autocrazia elettiva: decido io (anzi: decidiamo noi) perché ci hanno eletto per deciderlo. In questo modello non è previsto per le Direzioni tecniche Regionali altro ruolo che quello di traduttori in atti delle decisioni della politica. Non è previsto nei fatti un supporto tecnico da parte di queste Direzioni tanto è vero che la nomina degli incaricati è svincolata dal curriculum e sia il Servizio Sanità che la Agenzia possono essere diretti da chi non ha i requisiti per le Direzioni Aziendali.
Per le Direzioni Aziendali il problema è diverso: hanno una autonomia ampia in teoria da una parte e una autonomia molto limitata in pratica dall’altra. Prendiamo le decisioni prese di recente sulla edilizia sanitaria e sull’aggiornamento tecnologico: le decisioni passano, immagino, dal Coordinamento degli Enti, ma senza quella interlocuzione tecnica necessaria a dare un senso a quei piani. E quindi nonostante la presenza nelle Direzioni Aziendali di persone con molta esperienza (sempre) e buona competenza (spesso) l’effetto sulla qualità del governo politico della sanità regionale non si vedono. In sintesi: i vertici tecnici della sanità a livello regionale non possono e non vogliono porsi come interlocutori critici e quelli a livello aziendale vorrebbero anche in alcuni casi ma non possono.
Questa governo autocratico delle sanità della nostra Regione andrebbe impedito da un maggior controllo centrale che andrebbe sollecitato in tutti i modi. E nel frattempo? Riuscissi in un post a dare una risposta a questa domanda sarei un mago. Che non sono. Ma qualche proposta mi sento di farla.
Una prima proposta è richiedere (mi era sfuggito un “imporre” che purtroppo non è possibile usare) una trasparenza nei dati e nei processi decisionali. E’ inaccettabile che i siti della Regione siano vuoti di dati e che le decisioni vengano prese senza alcuna possibilità di verifica sui criteri utilizzati per prenderle. Una seconda proposta è quella di richiedere (anche qui quanto mi piacerebbe un “imporre”) che gli organi tecnici della Regione vengano messi in condizione di lavorare anche per conto dei cittadini e non solo per conto di chi li nomina. E modi per farlo ci sarebbero a partire dai criteri di nomina e di scelta dei loro dirigenti. Terza proposta: definire modelli di concertazione e confronto seri ed in grado di garantire una vera partecipazione.
Quattro ulteriori anni così di autocrazia la sanità delle Marche non se li merita e soprattutto non se li meritano i suoi cittadini.
Claudio Maria Maffei
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