La stagione estiva è ufficialmente iniziata sia per i Decreti che hanno autorizzato le aperture che per il meteo con le temperature in ascesa (come ormai è consuetudine ci dicono oltre le medie stagionali) e il calendario che ci ricorda che siamo alla vigilia del solstizio d’estate.
Come ogni anno si riaccende la polemica sul lavoro che c’è ma che nessuno sembra volere, il lavoro stagionale ed in particolare nel mondo dell’agricoltura e del turismo.
Anche quest’anno fioccano i servizi d’inchiesta da parte di diverse testate ed il risultato è il solito: paghe al ribasso e contribuzioni mediamente dimezzate ossia circa 70 ore lavorative settimanali (7 giorni su 7) a circa € 1.200 mensili (sono circa € 4 all’ora) di cui una parte in busta paga e il restante in nero. A questo proposito vorrei ricordare che l’essere pagati in nero significa meno tutele mentre si lavora ma, anche, meno tutele per l’accesso, in periodo di non lavoro data la stagionalità, a strumenti come la NASPI e futuro più pover per un cumulo ai fini pensionistici che si riduce all’osso.
I dati parlano chiaro: secondo le indagini dei servizi ispettivi nazionali è nei comparti della ristorazione e dell’alloggio che si riscontrano tassi di irregolarità vertiginosi, superiori al 70%, e il turismo è il settore dove si concentra il maggior numero di violazioni. Questo è lo specchio della situazione lavorativa nel comparto turistico-ricettivo che falsa la domanda/offerta di lavoro stagionale in Italia.
Inoltre la novità di questa stagione estiva 2021 è stato il tentativo di individuare un nuovo capro espiatorio: lo Stato che assiste cittadine e cittadini ossia il reddito di cittadinanza e tutti gli ammortizzatori sociali – tanto attesi e richiesti – nati per combattere la crisi economica causata dalla situazione pandemica.
Proviamo, quindi, a fare una disamina – certamente non esaustiva – di quelle che possono essere le principali cause di questa situazione che sembra peggiorare di anno in anno come dimostra un test giornalistico realizzato a fine maggio nella nostra Regione una giornalista dichiara di aver ricevuto, in un’ora sul litorale pesarese, tre offerte di lavoro stagionale visitando meno di dieci strutture turistico-ricettive.
I canali di reperimento della mano d’opera.
Se confrontiamo il numero di richieste di lavoro stagionale da parte di chi opera nel settore turistico-ricettivo con le offerte di lavoro che arrivano ai canali istituzionali quali i Centri per l’Impiego e le Agenzie Interinali i conti non tornano.
Per lo più l’offerta di lavoro avviene tramite il passaparola (ma questo è sempre accaduto) e tramite nuovi canali come i social network.
La situazione di crisi ha aguzzato l’ingegno e i gruppi facebook in cui si cera/offre lavoro si sono moltiplicati creando, purtroppo, informazione scorretta e – come sempre nei social – alimentando polemiche e odio sociale.
La scorrettezza dell’informazione nasce dall’improvvisazione e dal fai da te che imperversano con offerte di lavoro discriminanti sia nella ricerca (troppo spesso viene completamente dimenticato il dettato delle Leggi 903/77 e 125/91 e dei Decreti Legislativi 215/03 e 216/03 che impongono, ad eccezione del mondo dello spettacolo, che gli annunci di ricerca del lavoro siano rivolti ad entrambi i sessi) che nell’offerta con colloqui di lavoro illegali per richieste e proposte.
Le polemiche e l’odio sociale scaturiscono dall’alimentazione di stereotipi per cui nessuno ha più voglia di lavorare, meglio stare a casa a spese nostre che sudare, le nuove generazioni pensano solo a divertirsi e, più raramente, contro chi offre lavoro perché propone paghe da fame, turni massacranti e condizioni lavorative da schifo.
I servizi ispettivi e di controllo
Con la riforma del mercato del lavoro introdotta cinque anni fa del decreto Legislativo 149/15 (meglio conosciuto come Jobs Act) il sistema ispettivo nazionale è stato rivisitato con la creazione dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) che ha riunito in un unico organismo centralizzato i servizi ispettivi giuslavoristici (l’Ispettorato del Lavoro) con quelli previdenziali (l’ispettorato INPS) e quelli infortunistici (l’ispettorato INAIL).
Questa nuova modalità ispettiva non ha tenuto conto della molteplicità e della complessità delle leggi italiane in questi settori e della necessaria specificità delle competenze necessarie che rendono impossibile essere realmente esperti nei tre settori (giuslavoristico, previdenziale e infortunistico) di cui sopra e, inoltre – lo dico da persona che professionalmente si occupa di queste tematiche e che lavora in convenzione istituzionale con l’INL – rimane la necessità di collaborare strettamente con altri servizi ispettivi come quelli del settore sanitario che sono fortemente correlati.
A questo accorpamento, che ha portato ad un aumento vertiginoso dei processi amministrativi ed organizzativi che gravano, soprattutto, sulla tempistica e l’effetto delle ispezioni è stato affiancato il ruolo ad esaurimento ossia il blocco delle assunzioni con una costante riduzione di ispettrici ed ispettori disponibili.
Molteplici sono le problematiche scaturite da questo provvedimento, in controtendenza con altri governi che stanno puntando sulla specializzazione e la settorializzazione. Non mi dilungo su questi aspetti e segnalo, a chi voglia approfondire ulteriormente, una ben fatta inchiesta recentemente pubblicata dalla redazione de il Fatto Quotidiano.
La situazione pandemica
La lunga crisi da cui stavamo faticosamente uscendo prima del periodo pandemico aveva già notevolmente abbassato le aspettative di lavoratrici e lavoratori che, in questi ultimi anni, hanno accettato condizioni di lavoro più sfavorevoli e minori tutele.
La pandemia ha fatto fare passi in dietro nell’economia e nelle relazioni ed il mondo del lavoro, particolarmente quello precario stagionale, ha subito contraccolpi principalmente a causa di alcuni aspetti.
Il bisogno di lavoro, sia per motivi economici che per necessità di evasione dopo tanta chiusura) ha nuovamente abbassato le aspettative di lavoratrici e lavoratori che hanno ridotto le richieste di garanzie e accettano minori tutele innescando offerte al ribasso giustificate da parte delle imprese dal mancato guadagno a causa delle restrizioni sanitarie in essere.
I servizi ispettivi, di cui ho parlato sopra, sono stati orientati tutti alla verifica del rispetto delle normative anti-covid nei luoghi di lavoro (sono queste le indicazioni pervenute ai servizi dell’INL) trascurando gli altri interventi di controllo e vigilanza.
La mobilità, sia interna che estera, è stata fortemente ridotta riducendo la disponibilità di mano d’opera stagionale sia nell’agricoltura che nel settore turistico-ricettivo nel quale lavoravano anche ragazze e ragazzi stranieri disponibili a lavorare in condizioni svantaggiate e garantendo – ove necessario – la conoscenza delle lingue straniere che continuano ad essere, oggettivamente, una carenza della scuola italiana (ma qui apriremmo un intero mondo di riflessioni).
La mancanza di visione
A partire dalla recessione iniziata nel 2007 fino alla crisi pandemica l’attuale modello su cui si fonda l’economia tra cui, anche, il settore turistico, sta mostrando tutte le sue criticità che devono essere affrontate in modo sistematico e di visione.
Al lavoro dequalificato, precario, povero, nero e irregolare va contrapposto un sistema attento agli equilibri tra persone e tra territori che rispetti ritmi ed equilibri armoniosi e trasformativi.
Anche il settore turistico-ricettivo, attualmente impostato come vendita di servizi, deve rimettere al centro la persona nel rispetto di se’ e dell’ambiente di cui si nutre.
Ma le mie competenze non sono in questa materia e lascio a chi è esperto nell’argomento il lavoro di analisi e progettazione necessari.
Paola Petrucci
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