Il Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale delle Marche non finisce mai di stupirci.
Dopo l’infelice lettera alle scuole, in occasione dello scorso 4 novembre, dai toni dannunziani e nazionalistici, oggi produce un’altra perla da revisionista, con una lettera, per il 25 Aprile, in cui, dietro la retorica unitaria, emerge la sostanziale equiparazione di chi combatteva dalla parte dei nazifascisti – cioè di chi praticava torture, stragi e sterminio e aveva trascinato il mondo in una guerra costata circa 60 milioni di vite umane – e i partigiani, gli antifascisti, che hanno rischiato, e spesso perduto, la vita per riconquistare la libertà, costruire la Repubblica, democratica e antifascista, e un mondo migliore dell’orrore nazifascista.
Per giunta, il suddetto Direttore, dall’alto di non si sa quale cattedra, taccia di settarismo chiunque non condivida la sua improbabile ricostruzione del senso della Liberazione.
Ma davvero la scuola marchigiana, che annovera al suo interno tante e tanti studiosi della contemporaneità e della Resistenza, deve tollerare queste periodiche “encicliche direttoriali”?
Pensiamo sia il caso che il Ministero della Pubblica Istruzione richiami il suddetto ad una maggiore prudenza e, soprattutto, ad attenersi ai suoi compiti. Magari evitando, in piena pandemia, di prefigurare ancora “classi pollaio”, per il prossimo anno scolastico.
Se usasse di più il metro, per calcolare distanze ed aule, e meno la penna per riscrivere arbitrariamente la storia, la scuola marchigiana, siamo convinti, ne trarrebbe giovamento.
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