I diritti delle bambine e dei bambini sono un argomento del quale dibattiamo senza mai interpellare i diretti interessati.
Piuttosto, in qualità di adulti, dovremmo porci il problema di come e quanto noi li rispettiamo in quanto persone che hanno il diritto di crescere in salute e in serenità.
Cominciamo con lo stabilire che parliamo di bambine e bambini come soggetti che sono nati (non sempre a seguito di atti convinti o voluti) e che hanno esigenze e personalità specifiche e che, al pari di arie ed acqua, necessitano di amore, comprensione e ascolto per poter crescere.
Questi elementi dipendono da noi adulti e sono fondamentali (anche per gli adulti) per una crescita ed uno sviluppo (che non finisce mai) equilibrato e capace di dare stabilità e solidità alle persone.
Propongo, quindi, di cambiare i termini del ragionamento e parlare non tanto di doveri ma degli atteggiamenti che gli adulti devono avere anche in qualità di genitori e, come spesso faccio, vorrei partire dalle definizioni.
Il significato letterale stabilisce che genitore è colui che ha generato ma a questo si aggiunge il significato sociale per il quale genitore è colui che si prende cura, che aiuta a crescere.
In questa ottica ogni persona diventa genitore quanto inizia a prendersi cura di qualcuno a prescindere dall’aver contribuito alla sua generazione. Su questo assunto si basano le pratiche dell’affido e dell’adozione che sono la risposta d’amore della società nei confronti di bambine e bambini.
Mi è capitato spesso di dover spiegare che non sempre l’atto generativo sia voluto, a volte è frutto del caso ed altre e proprio contro la volontà e non mi sono mai permessa di giudicare questi aspetti. Sono consapevole che sono difficili da vivere tutti gli aspetti dell’essere genitori: sia la capacità di generare che la capacità di prendersi cura le quali, spesso, non coincidono e questa non coincidenza produce grande dolore.
Mai giudicare la scelta di essere o non essere genitori, non è un ruolo per tutte e tutti, non è sempre facile, richiede grande impegno e difficoltà da superare sia per l’atto generativo che per il prendersi cura.
Per questo non accetto giudizi morali sulle donne che scelgono di non portare a termine una gravidanza o altre che cercano a tutti i costi una gravidanza, sono scelte assolutamente personali che nessuno è autorizzato a giudicare.
Tanto meno accetto giudizi morali sulle donne che scelgono di partorire in anonimato o che decidono di dare in adozione un figlio, sono scelte di amore e di consapevolezza.
Per crescere è fondamentale avere dei genitori che sappiano prendersi cura interpretando il loro ruolo sia con stili direttivi che con stili accudenti rispondendo alle necessità del momento.
Per queste considerazioni esistono genitori che hanno soltanto generato (genitori biologici) ma anche e soprattutto genitori che si prendono cura (adottivi, affidatari, putativi).
Il diritto delle bambine e dei bambini è soprattutto quello di avere genitori che si prendano cura di loro con amore e dedizione e questo a prescindere dall’essere stati generatori.
Paola Petrucci