Questo linguaggio riduce chiunque a uno strumento al servizio della produzione di profitto e di potere. Se non si è utili, si viene retrocessi a esuberi, ossia strumenti inutili. Chi non raggiunge nemmeno lo status di esubero viene trattato come uno scarto. E qui la lugubre fantasia della disumanità si sbizzarrisce: lo scarto umano può annegare tranquillamente nel mar Mediterraneo, essere lasciato esposto al contagio di un virus in qualche ricovero per anziani, essere incastrato tra la morte per cancro e quella per fame in qualche acciaieria, essere investito da gas e da bombe in una città della Siria, essere espulso di continuo da qualsiasi luogo della Palestina, essere soffocato sull’asfalto da un poliziotto, essere cacciato come una preda perché Indio dell’Amazzonia, essere giustiziato perché omosessuale, oppure (se lo scarto ha la sventura di essere per giunta donna) essere stuprata e bruciata viva da individui che appartengono al genere maschile ma non al genere umano.
Anche quando parliamo di politica regionale, dovremmo ricordare che “la politica” ha a che fare con questo, non solo con questioni di ordinaria amministrazione di bilanci, strade, ospedali, servizi. Voglio dire che la politica, in qualsiasi dimensione della vita collettiva (comunale, regionale, nazionale, continentale, mondiale), determina se noi siamo ridotti a risorse, esuberi e scarti, oppure se possiamo vivere insieme come persone, con dignità, giustizia e libertà.
Quello che riapre i giochi e restituisce forza alla speranza è il fatto che di politiche ce ne sono due. La prima, la più ovvia e diffusa, è la politica di potere, che vive nell’astrazione, cioè nell’insensibilità, nell’indifferenza, nell’accecamento verso il valore degli esseri umani e del mondo naturale. Qui tutto è disgregato, diviso, surreale. Da una parte c’è chi decide, dall’altra chi subisce. Da un lato il potere, con i suoi riti e le sue falsità, dall’altro gli esseri viventi. L’illusione di molti è che questa politica si trovi solo nei palazzi, nei consigli di amministrazione, negli scenari della visibilità mediatica e nelle stanze di qualche organizzazione segreta, per cui la nostra vita privata può svolgersi altrove. È un’illusione pericolosa, perché invece la politica di potere avvolge e condiziona ogni spazio dell’esistenza, non ci sono zone franche. Nessuno resta al di fuori del raggio di influenza della politica.
Però c’è anche un’altra politica, quella messa in atto dalle persone che si ribellano a questo sistema. È la rivolta delle risorse umane, degli esuberi, degli scarti. È la rivolta nonviolenta di quelli che hanno capito che non c’è alternativa tra subire e agire e dunque decidono di agire dando vita alla politica civile. Questa politica la riconosci dal fatto che qui il potere viene criticato, deposto, attivamente trasformato in capacità di prendersi cura delle persone, della natura, della soluzione dei problemi che causano sofferenza e schiavitù.
Il movimento “Dipende da Noi”, nelle Marche, sta cercando di generare politica civile in una regione che da anni è stata consegnata alla politica di potere. Disperde la sua capacità di contare chi – votando per le solite facce dei soliti partiti o non andando neppure a votare – tornerà ad alimentare questo tipo di politica. Chi si comporta così crede che non esista alcuna alternativa, o più semplicemente non la conosce perché nessuno gliel’ha presentata. Invece non disperde affatto il voto né la propria capacità di contare chi, al contrario, sceglie di dare forza alla politica civile.
Un impegno di questo tipo comporta grande presenza sul territorio e tra le persone, grande concretezza e grande continuità. Intanto, è tempo di definire precisamente il progetto che presentiamo per le Marche. Dobbiamo farlo in un modo che sia condiviso da quanti partecipano direttamente a questo nostro percorso e che sia credibile per le persone che andranno a votare. E non solo per loro. Il progetto deve tenere conto anche dei più giovani, le persone al di sotto dei 18 anni, perché vogliamo un ordinamento della convivenza sociale che sia migliore per le bambine, i bambini, le ragazze e i ragazzi. Questa attenzione si spiega non solo perché per essere “pensati” e tenuti presenti dal nostro progetto non è necessario essere soggetti votanti, ma anche perché dove sono rispettati i più piccoli possono vivere bene tutti.
Nella politica di potere si calcolano sempre solo le convenienze, mentre nella politica civile si guardano le persone, a ogni età e di ogni condizione. Si racconta che una volta il sindaco di Firenze Giorgio La Pira, incontrando per strada un bambino, si tolse il cappello in segno di saluto. In quel gesto è riassunto lo spirito della politica civile che ora vogliamo tradurre anzitutto in un progetto concreto per le Marche.
Poi è tempo di definire insieme le candidature per le liste di “Dipende da Noi” che saranno presentate in tutte le province. Occorre proporre persone che incarnano questa novità, che siano attente, credibili, appassionate. Qui rivolgo un invito profondo a chiunque possa dare una mano. Chiedo di andare al di là di riserve pure comprensibili. Candidarsi significa esporsi e pochi se la sentono. Mille sono i motivi per tirarsi indietro, ma più forti sono quelli per coinvolgersi. Chiedo alle persone che su questa specifica forma di impegno possono dare un contributo essenziale di non restare a guardare. Il nostro esperimento vive di questa nuova disponibilità, maggiore di quanto ciascuno di noi abbia fatto in passato. Senza candidature significative non possiamo andare avanti.
Progetto e candidature hanno senso se c’è un movimento di persone che lavora per farle conoscere. Molti tra quanti sono venuti in contatto con la nostra proposta ci apprezzano. Ma in regione sono ancora molto pochi quelli che ci conoscono. Perciò dobbiamo realizzare una campagna elettorale che sia non propaganda né tanto meno marketing, ma un ampio percorso collettivo di presentazione, conoscenza, progettazione, dialogo, risveglio della fiducia sociale e riconoscimento dell’alternativa possibile per le Marche.
Per fare tutto questo è indispensabile un’adeguata disponibilità di fondi. Secondo calcoli contenuti, anzi fatti al ribasso, pare che per essere minimamente percepiti e conosciuti durante una campagna elettorale come quella per le prossime elezioni regionali servano almeno 20.000 euro. Presenza sui social, volantini, manifesti, lettere a elettrici ed elettori, prenotazione di sale per assemblee, ricorso a un addetto stampa che lavori per non essere oscurati dai media: queste e altre necessità per l’azione di “Dipende da Noi” sono tutte cose che hanno un costo. Quindi, per quanto contiamo sulla disponibilità gratuita di tutti quelli che intanto si sono coinvolti per dare vita a “Dipende da noi”, è chiaro che dobbiamo avere i fondi che ci permettano di far arrivare la nostra proposta a quanti in settembre esprimeranno il loro voto.
Non si può giudicare in astratto se ce la faremo o no. Se ce la faremo dipende veramente da ciascuno, a partire da te che stai leggendo. Abbiamo bisogno di partecipazione, idee, energie e sostegno economico. Perciò ora non si tratta di stare a fare previsioni sul successo o meno che avremo in settembre, si tratta di fare personalmente un atto di responsabilità. Che questo progetto riesca dipende anche da te.
Roberto Mancini
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