Quando pensiamo al cambiamento climatico, le principali fonti di emissioni di carbonio che vengono in mente alla maggior parte di noi sono le industrie pesanti come il petrolio, l’estrazione mineraria e i trasporti. Raramente puntiamo il dito contro le tecnologie informatiche. In effetti, molti esperti vedono il mondo cibernetico delle tecnologie dell’informazione e dei computer (ICT Information and Communication Technologies) come il nostro potenziale salvatore, sostituendo molte delle nostre attività fisiche con un’alternativa virtuale a basse emissioni di carbonio. Non è quello che suggeriscono alcuni studi recenti (vedi ad esempio: Assessing ICT global emissions footprint: Trends to 2040 & recommendations, Journal of Cleaner Production Volume 177, 10 March 2018, Pages 448-463).
Dallo studio di un inventario meticoloso e abbastanza esaustivo del contributo delle ICT – inclusi dispositivi come PC, laptop, monitor, smartphone e tablet – e delle infrastrutture come centri dati e reti di comunicazione, si scopre che il contributo relativo delle ICT all’impronta globale totale è cresciuo da l’1% circa del 2007 al 3,5% del 2020 e dovrebbe raggiungere il 14% entro il 2040. Questo è più della metà del contributo relativo dell’intero settore dei trasporti a livello mondiale. Un’altra scoperta sconcertante è che tutta questa straordinaria crescita è per lo più incrementale, essenzialmente infrange la speranza che le ICT contribuiranno a ridurre l’impronta di carbonio globale sostituendo le attività fisiche con le loro controparti virtuali.
L’impatto degli smartphone
Forse il risultato più sorprendente di questo studio è stato dimostrate il contributo sproporzionato degli smartphone rispetto all’impronta ICT complessiva. La quota di emissioni relative degli smartphone dovrebbe crescere dal 4% nel 2010 all’11% entro il 2020, facendo impallidire il contributo individuale di PC, laptop e schermi di computer. In valori assoluti, le emissioni causate dagli smartphone passeranno da 17 a 125 megatoni di CO2 equivalente all’anno (Mt-CO2e / anno) in quel lasso di tempo, ovvero una crescita del 730%. La parte del leone di questa impronta (dall’85 al 95%) non sarà causata dall’uso del dispositivo, ma piuttosto dalla sua produzione. Ciò include, oltre all’energia di produzione, l’energia per l’estrazione di materiali quali l’oro e i cosiddetti elementi delle terre rare come ittrio, lantanio e molti altri che oggi sono disponibili quasi esclusivamente solo dalla Cina. Un altro partecipante colpevole di questa eccessiva impronta di carbonio sono i piani telefonici che incoraggiano gli utenti a ottenere un nuovo smartphone ogni due anni. Ciò accelera la velocità con cui i modelli più vecchi diventano obsoleti e porta a una quantità straordinaria e inutile di sprechi. E tutto ciò solo osservando il fenomeno dal lato del dispositivo (hardware). Cosa dire dal lato della infrastrutture necessaria a far lavorare questi dispositivi?
Ogni testo, download, e-mail utilizza l’energia del server
Per quanto riguarda l’infrastruttura, prevediamo che l’impronta combinata di data center e reti di comunicazione crescerà da 215 megatoni di C02 equivalente all’anno (Mt-CO2e / anno) nel 2007 a 764 MtCO2-e / anno entro il 2020, con data center che rappresentano circa due terzi del contributo totale. A fini di confronto, l’intera impronta di carbonio del Canada era di circa 730 MtCO2-e nel 2016 e dovrebbe diminuire entro il 2020. La crescita di smartphone e data center non è indipendente. In effetti, è la crescita vertiginosa delle comunicazioni mobili che sta determinando in gran parte il ritmo dei data center. Per ogni messaggio di testo, download di video, scambio di foto, email o chat, c’è un server assetato di energia 24 ore su 24, 7 giorni su 7 in alcuni data center che lo rende possibile. È il consumo di energia che non vediamo.
Le società di software stimolano la crescita
Infine, e forse l’aspetto più ironico di tutto questo, è che è il software a guidare la crescita complessiva dell’ITC nel suo insieme, dispositivi e infrastrutture inclusi. Società di software come Google, Facebook, Amazon, Microsoft e Yahoo vantano alcuni dei più grandi data center del mondo. L’aumento del predominio dei sistemi operativi mobili, vale a dire iOS di Apple e Android di Google, insieme ai milioni di applicazioni mobili costruite su queste piattaforme, ha generato l’era della comunicazione mobile. L’incredibile – oltre che insostenibile – crescita dell’impronta di emissioni di tutto questo hardware esiste per un solo scopo: supportare e servire l’universo del software. In altre parole, mentre è l’hardware che fa tutto il lavoro sporco, è il software che sta chiamando tutti i colpi.
L’uscita?
A livello sociale, dobbiamo esigere che tutti i data center funzionino esclusivamente con energia rinnovabile. A livello individuale: tieni il tuo smartphone il più a lungo possibile e, quando esegui l’upgrade, assicurati di riciclare quello vecchio. Purtroppo, oggi solo l’1% degli smartphone viene riciclato.
Maria Letizia Ruello
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