… anche se è dura festeggiare questo primo maggio, “festa del non lavoro” come scrive il Manifesto.  Sempre il Manifesto (a proposito, auguri per i suoi primi 50 anni!) nella sua edizione online  di oggi ha come titolo del giorno, efficacissimo come nello stile del giornale: “Il fronte del posto”.  E poi, sotto la foto di un gruppo di lavoratori in quello che mi pare un magazzino di Amazon, troviamo scritto che: “Nel giorno della festa dei lavoratori i dati Istat certificano una perdita di 900 mila posti di lavoro dall’inizio della pandemia. Sono donne e giovani i più colpiti. La battaglia dei settori più sfavoriti per avere diritti e tutele: dai rider agli addetti dello spettacolo ai migranti.  Speciale di 5 pagine per il 1° Maggio senza celebrazioni”.

Già che ci sono sfoglio il giornale e trovo nella sezione dedicata al lavoro un articolo che ci porta nelle Marche. Titolo: Elica delocalizza, Marche in declino. E sotto: “La ditta di cappe simbolo della decadenza di Fabriano. Il proprietario Casoli, ex senatore di Forza Italia, vuole spostare la produzione in Polonia e licenziare su 409 su 560 lavoratori su tre siti. Voci di vendita imminente”.

Non sono assolutamente in grado di commentare questi dati e questi avvenimenti. Ho qualche competenza in più nel commentare due dati che riguardano il mondo della sanità. Il primo: il Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (PNRR, il Recovery Plan), che per la sanità “di riffa e di raffa” mette a disposizione 20 miliardi di euro, non prevede investimenti sul personale. Il secondo: il finanziamento della sanità storicamente basso in Italia dopo l’aumento del 2020 e 2021 tornerà poi a diminuire. Troviamo questi dati in un articolo di Quotidiano Sanità, che  sintetizza così la questione: “La tendenza è delineata nel Documento di economia e finanza appena approvato dal Parlamento. L’impennata maggiore c’è stata l’anno scorso con un’incidenza della spesa sanitaria sul Pil del 7,5% dovuta sia ai finanziamenti per l’emergenza Covid che al calo del Pil. Poi l’incidenza passerà al 7,3% nel 2021, al 6,7% nel 2022, al 6,6% nel 2023 fino al 6,3% nel 2024. Tutto questo al netto però degli investimenti del Recovery Fund che, ricordiamo, stanzia 20,2 miliardi per la sanità.”

In estrema sintesi da una parte col PNRR si finanziano soprattutto investimenti strutturali, tecnologie e digitalizzazione, mentre dall’altra non si prevedono al momento incrementi significativi nei livelli di occupazione in sanità. Ma in sanità “livelli di occupazione” equivale a “livelli di erogazione dell’assistenza”. Specie nel territorio, e quindi nei Distretti e nei Dipartimenti di Prevenzione, quello che serve è soprattutto un aumento della disponibilità di risorse umane oltre ad una rivisitazione dei modelli culturali, organizzativi e contrattuali (questi ultimi con riferimento ai Medici di Medicina Generale).

Occorre dunque fare in modo che la sanità del futuro possa contare anche su un aumento importante dei posti di lavoro in sanità. Ma occorre anche recuperare risorse dai processi di razionalizzazione ed in particolare da quelli della rete ospedaliera. Ho iniziato questo post partendo da il Manifesto e concludo citando Luigi Pintor che di quel giornale è stato uno dei fondatori. Si dice che (cito a memoria)  avesse la fissazione di “far fuori” la Democrazia Cristiana e che usasse al riguardo la espressione “Delenda Carthago”. Ecco, anche io ho una fissazione: ”far fuori” la cultura della centralità dell’ospedale che riesce contemporaneamente a far funzionare male i troppi ospedali e a soffocare i servizi territoriali privandoli  di risorse.

Il PNRR e Draghi non renderanno possibile una sanità migliore solo perché più finanziata. Buon primo maggio comunque.

Claudio Maria Maffei

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