Cala la partecipazione di elettrici ed elettori al voto, mentre cresce una sfiducia radicale nei confronti dell’intero ceto politico. Questo è l’effetto di varie cause concomitanti. Ne suggerisco, inevitabilmente in modo telegrafico, almeno tre. Non sono – attenzione – cause percepite con piena consapevolezza dai cittadini, piuttosto rimangono nella penombra del non-detto e del non-analizzato. Forse perché gli intellettuali e la scuola aziendalista non ci aiutano a trovare strumenti adatti per capire il presente.
L’antipolitica e il sentimento di estraneità alle dinamiche che influiscono sulla gestione dei beni comuni, li dobbiamo a:
1) l’effettiva miseria di grande parte dei rappresentanti “democratici” che, da lustri, si fanno assorbire completamente dal vortice autoreferenziale del potere e dai suoi dividendi crescenti;
2) l’assenza di visioni e prospettive sulla realtà che possano dirsi differenti dalla mera governance dell’esistente;
3) l’abbandono in cui versano corpi e anime travolti dal crollo delle promesse del dispositivo liberale-liberista e dall’affermarsi dell’immaginario tecno-capitalista.
La fiducia nel futuro è ai minimi termini, l’ansia per la sopravvivenza prevale (al netto di diseguaglianze sociali crescenti e del rovinoso degrado ecologico che incombe su tutte/i noi), l’individualismo è stato introiettato come unica forma di vita sensata, il bisogno di essere condotti e guidati con mano ferma incita al plebiscitarismo sospendendo il pensiero critico. Lo scenario, insomma, è deprimente. Allora, visto che Dipende da Noi, come rispondere a queste tendenze scoraggianti? Non vi è risposta che possa riguardarci esclusivamente come singoli. Troveremo una via di uscita dal peggio solo aprendoci, incontrando testimonianze credibili di vita buona, chiedendo aiuto, accettando il rischio di costruire progetti condivisi il cui successo non è garantito a priori. Ma soprattutto: potremo liberare le nostre migliori energie solo mettendo radici in un sentimento profondo di giustizia. Quello che non può tollerare che le nostre vite, fatte di sangue e di sogni, vengano ridotte a cose da scambiare sul mercato. Da questo “sentire” muove ogni riscossa e non dalla sola bontà dei ragionamenti in punta di penna.
Paolo Bartolini
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