Lungi dall’aver reso vano il dibattito aperto da “Dipende da noi” nelle ultime settimane la vergognosa caduta del governo Draghi accelera e acutizza le questioni discusse nei vari contributi e ripropone l’urgenza di un confronto tra tutte le forze che si riconoscono nell’area progressista, ecologista, antifascista e per l’affermazione del diritto di tuttə di avere diritti. Dal mio punto di vista “Dipende da noi” nasce con l’obiettivo fondamentale di trasformare il mondo cominciando a farlo modificando il modo di fare politica. Questa prospettiva è originalissima rispetto a qualunque altra formazione partitica alla quale non è possibile compararla. L’attuale crisi dimostra tutta l’inadeguatezza dei partiti politici attuali e quella di una persona che, abituata a comandare, si è rivelata incapace, senza entrare nel merito dei disastrosi provvedimenti realizzati o non-realizzati, di governare in modo condiviso e democratico secondo le regole costituzionali. Dalla parte della prospettiva di “Dipende da noi” c’è il fatto che siamo giovani, siamo appena nati, nel 2020, e quindi abbiamo anche “necessità” e “facilità” nel commettere errori in un contesto in cui tutti gli altri e tutte le altre ragionano nel vecchio modo di fare politica. L’altro elemento che sta dalla nostra parte e che ci dà forza, è il fatto che nonostante alla prima uscita siamo risultati elettoralmente sconfitti abbiamo deciso di andare avanti, dimostrando che non siamo semplicemente un cartello elettorale, non vogliamo solo mettere insieme tanti partiti piccoli dell’area di sinistra, ma cerchiamo di creare qualcosa di nuovo che abbia a che fare con i partiti ma anche e soprattutto con la società, quella società civile o pre-politica che decenni di partitocrazia, di politica di potere e i fatti del G8 di Genova hanno contribuito ad allontanare dalle dinamiche di partecipazione politica.
Dobbiamo parlare alla società civile consapevole, che fa politica senza impegnarsi a livello elettorale e partitico come ad esempio con il volontariato in attività sociali, culturali, ecologiste, con l’impegno nel campo della buona, sana e giusta alimentazione, con i gruppi di acquisto solidali, con la cooperazione internazionale, etc. Tutte queste cose e altre ancora secondo me sono fondamentali tanto quanto fare un picchetto fuori di una fabbrica, tanto quanto stare a fianco dei terremotati quando ci sono delle manifestazioni di protesta, tanto quanto partecipare ad attività più propriamente ed esplicitamente politiche. Personalmente credo di fare politica anche quando svolgo la mia professione, cioè quella di docente di liceo, perché se un cambiamento nella nostra società è possibile deve essere anche un cambiamento culturale e la scuola è il luogo principale all’interno del quale si può trasformare il mondo e all’interno del quale si può resistere alle forze sociali ed economiche che stanno cercando inesorabilmente di omologare pensieri e azioni portandoci all’autodistruzione. Se riesci a formare persone libere autonome consapevoli capaci di prendere una decisione valutando senza farsi influenzare da luoghi comuni, pregiudizi e opinioni di massa allora stai facendo un’attività politica nell’interesse della comunità, per il bene comune e per il bene futuro.Tutto questo lo dico non per autoelogiarmi ovviamente ma per chiarire innanzitutto a me stesso quali sono le mie aspettative nel momento in cui decido di partecipare attivamente ad un movimento politico. Mi aspetto di incontrare persone che abbiano un punto di vista sul mondo simile al mio ma non identico anzi possibilmente con sfaccettature differenti in modo da potermi arricchire e da poter rendere più forte e prolifico il movimento stesso. Mi aspetto di non perdermi nella polemica e nella conflittualità legata alle sfumature, ma di volare alto tentando di cambiare non solo le cose ma anche il modo di fare le cose, rimanendo sempre ancorati alle questioni concrete. Mi aspetto dei cambiamenti scelti con lungimiranza che trasformino il mondo anche se i tempi sono ormai spietatamente più urgenti. Mi aspetto di poter riuscire a fare le cose che non riesco a fare da solo, perché le scelte dei singoli sono importanti ma le scelte della comunità sono molto più pesanti e decisive: un conto è chiudere il rubinetto dell’acqua quando ci si lava i denti e un conto sono la gestione pubblica dell’acqua e la ristrutturazione della rete idrica italiana che perde il 40% dell’acqua nel percorso tra la sorgente e il rubinetto di casa. Ecco perché ci vuole un impegno congiunto e responsabile, perché le cose si cambiano insieme.
Per me fare scelte coraggiose e coerenti vuol dire avere il coraggio di saper aspettare, vuol dire avere la coerenza di saper pazientare pur di fare qualcosa di veramente incisivo e nuovo. Per questo personalmente non ho nessuna fretta di scegliere con chi stare perché se a sinistra, nella sinistra che vuole fare la sinistra, si dovesse andare separati sarebbe senza alcun dubbio un fallimento che per l’ennesima volta non riuscirebbe a modificare alcunché e costituirebbe un motivo di ulteriori pessimismo e rassegnazione. L’unica possibilità è andare uniti, costruire qualcosa di nuovo, superare le divisioni interne, dimostrare col metodo che abbiamo qualcosa di nuovo e diverso da dire, che quello che ci interessa è avere degli obiettivi unitari per il futuro, non recriminare sul passato.
Solo con queste premesse potremo aggregare, far aumentare la partecipazione delle persone finora rimaste disilluse e in disparte, che dalla politica si sono allontanate o alla politica non si sono mai ancora avvicinate. Sarebbe un segnale forte, per noi e per coloro che con noi simpatizzano, che le cose stanno cambiando veramente, che il bene comune e la partecipazione sono più importanti dei gruppi di appartenenza. I gruppi di appartenenza è necessario rispettarli profondamente perché ogni parte ha le proprie ragioni, ogni gruppo elabora una propria preferenziale prospettiva sul mondo. E tuttavia devono capire l’importanza di riuscire a cooperare in modo costruttivo e paritario innanzitutto con chi nutre le stesse convinzioni. Il nuovo scenario politico ci mette in grande difficoltà riducendo i tempi da 8 a 2 mesi appena, ma aumenta la necessità e l’opportunità di reagire con decisione attraverso azioni unitarie, partecipative e programmatiche. Aprire e coltivare il dialogo vuol dire aprire e coltivare la possibilità autentica di trasformare il mondo.
Fabrizio Leone
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