Care amiche e cari amici tutti, da tanto non scrivo qui, non incollo foto, non racconto i miei pensieri, e nemmeno io so bene il perché.
Da qualche tempo, però, il mio paesaggio interiore si sta schiarendo, forse proprio osservando attentamente Tom, il mio gatto, compagno assiduo delle mie giornate e delle mie notti. I gatti, quando soffrono, si nascondono, spariscono, come ha fatto la vecchia gattina di Giuliana, Trilly, che non trovavamo più da quando iniziò a morire per un linfoma al cervello (Lo stesso tipo di tumore per il quale è morta Giuliana anni dopo.)
Ho cominciato, quindi, a cercare il male dentro di me, e ho trovato due vicende angosciose che avevano chiuso le porte della mia anima: la morte di un’amica prima, e, in questi ultimi giorni, l’attesa dolente per la tragica storia ucraina.
Con Emma ero stato, ben prima che me la trovassi nell’ufficio stampa della Regione, amico convinto, legato a lei per tante ragioni, la sua sincerità, la sua istintiva scelta di stare sempre dalla parte dei deboli, la sua netta collocazione politico-partitica, ed anche, adesso posso confessarlo, il suo accento, schiettamente meneghino, così diverso da quello che sentivo intorno a me. Poi, come succede spesso, scaduto il “prestito alla politica”, le nostre vite hanno preso strade diverse, e ci siamo “persi di vista” come si dice. Emma, quindi, diventò un bel ricordo di un periodo stimolante, della quale avevo notizie, ogni tanto, che mi facevano nascere il desiderio di rintracciarla, di riallacciare i rapporti belli che avevamo avuto per anni. Quel desiderio è rimasto insoddisfatto, come tanti altri, ma il ricordo riaffiorava, a volte, sempre di un bel colore scintillante.
Quando una comune amica mi ha chiesto “La conoscevi Emma?” ho saltato un battito di respiro, perché questa domanda sta lì, sempre, per accompagnare una notizia funebre, che diventò tragica quando ho saputo i particolari. Volevo scrivere di lei, accompagnare i ricordi di tanti, fare il controcanto alla bellissime parole di Gabriella Papini, ma mi sono ritrovato muto, bloccato da un pudore prima sconosciuto, o forse dalla voglia di tenerlo per me solo, il ricordo di Emma, vivido come mai prima.
Quando cominciavo appena a riprendermi, è iniziata l’angoscia ucraina.
Per giorni e giorni, insieme, non abbiamo parlato d’altro ,io e Valentyna, la mia collaboratrice familiare, ukraina, i cui due figli, con le rispettive famiglie, vivevano in un centro nei pressi di Lvov.
Ho usato il verbo al passato, perchè il giorno dell’invasione Andrii e Larisa, figli di Valentyna, sono scappati con coniugi e figli. La fuga li ha portati ad Ancona, dove stiamo cercato di aiutarli in tutti i modi, e dove hanno intenzione di fermarsi per il tempo necessario.
Queste “persone” portano nell’anima i segni della tragedia, che per la follia dell’un uomo sta frantumando un intero Paese e i suoi abitanti, colpevoli di vivere in una nazione confinante con la Russia.
Dall’altro ieri Larisa, suo marito Jura, nonchè Vladik e Victoria, suoi figli, cercano di trovare una provvisoria sistemazione nella piccola abitazione di Valentyna, in attesa dell’arrivo da Vienna di Andrii, con due bambine di pochi mesi, moglie, amica e genitori dell’amica.
Non riesco a descrivere lo stato d’animo di queste persone, care non solo a Valentyna, che lavora nella mia casa da 18 anni, ma anche a me e alle mie figlie. che la conoscono da una vita.
I “nostri” rifugiati, sono in preda ad uno smarrimento doloroso, causato non soltanto dall’abbandono improvviso del proprio mondo, ma anche dall’assoluta incomprensibilità del passaggio dalla normalità di una vita comune alle immagini tragiche che ci trasmettono i nostri televisori, accesi giorno e notte.
Tra noi tutti è difficile individuare chi è più straziato, ma sento il dovere di stare vicino a questo piccolo campione di umanità, allucinante “effetto secondario” di quella follia che è sempre una guerra, ma che in questi terribili giorni lo è in maniera e misura insopportabili.
Quindi se mi leggerete raramente, sapete il motivo.
Un abbraccio ad ognuno di voi, e le scuse per questo messaggio, a brandelli come la nostra anima.
Vito D’Ambrosio
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