Tanto per cominciare grazie. Grazie a chi nei nostri servizi territoriali, e quindi nei Dipartimenti di Prevenzione e nei Distretti, si sta impegnando da mesi spesso al di sopra delle proprie forze a garantire la risposta vaccinale alla pandemia. Perché la vaccinazione continua ad essere la nostra principale arma contro il Covid-19. Se poi nelle Marche la nostra copertura vaccinale non è delle migliori (siamo appena sotto la media nazionale di soggetti vaccinati con almeno due dosi, 75% contro il 76%) e se c’è a volte confusione in alcuni centri vaccinali non è certo responsabilità degli operatori. Se chi governa la Regione manda messaggi ambigui sulla vaccinazione (tipo “per chi non si vaccina tanto ci sono gli anticorpi monoclonali”) e consente l’accesso diretto ai centri vaccinali chi lavora sul campo non può, come si dice, metterci una pezza.
E adesso cominciamo a parlare di prevenzione, una “cosa” che per sua natura è (o dovrebbe essere) equa, e quindi di sinistra. La prevenzione dovrebbe favorire chi ha più difficoltà di accesso alle cure nel modo migliore: rendendole inutili. Purtroppo, come diceva il vecchio spot (anzi reclame, una volta si diceva così), “non basta la parola” e la prevenzione per funzionare va sostenuta, finanziata e trasformata in modelli organizzativi e piani di intervento adeguati. Questo è quello che è previsto nel Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2015 e nei Piani Regionali che lo dovrebbero rendere operativo. Questo Piano (che chiameremo per comodità PNP) ha un approccio alla prevenzione molto innovativo rispetto all’impianto tradizionale delle attività di prevenzione: l’approccio cosiddetto One Health, che potremmo tradurre con l’espressione “la salute è una sola”. Questo approccio, leggiamo nel PNP, “considera la salute come risultato di uno sviluppo armonico e sostenibile dell’essere umano, della natura e dell’ambiente e, riconoscendo che la salute delle persone, degli animali e degli ecosistemi sono interconnesse, promuove l’applicazione di un approccio multidisciplinare, intersettoriale e coordinato per affrontare i rischi potenziali o già esistenti che hanno origine dall’interfaccia tra ambiente-animali-ecosistemi”.
Il PNP è caratterizzato (qui offro una sorta di menù degustazione dei suoi principi ispiratori più innovatori rispetto alla pratica corrente) dalla scelta di:
- sostenere il riorientamento di tutto il sistema della prevenzione verso un “approccio” di Promozione della Salute, il che vuol dire mettere individui e comunità in condizioni di fare scelte favorevoli alle loro condizioni di salute, ad esempio cercando di arrivare a città “sane” che favoriscono la attività fisica e le relazioni sociali;
- tenere conto che per agire efficacemente su tutti i fattori che influiscono sulla salute sono necessarie alleanze e sinergie tra settori diversi, secondo il principio della “Salute in tutte le Politiche” e quindi nelle politiche del lavoro, ambientali, urbanistiche, ecc.;
- consolidare l’attenzione alla centralità della persona il che vuol dire ad esempio accrescere la capacità degli individui di agire per la propria salute e per quella della collettività e di interagire con il sistema sanitario attraverso relazioni basate sulla fiducia e ancor prima sulla partecipazione e sulla conoscenza;
- rafforzare l’approccio secondo cui le attività di prevenzione e promozione della salute sono importanti lungo tutto l’arco della vita: gli interventi realizzati con tempestività nella primissima fase della vita portano a risultati di salute positivi che dureranno tutta la vita e quelli realizzati nei confronti della popolazione adulta e anziana comunque potranno anche loro avere degli effetti in termini di durata e di qualità della vita;
- migliorare l’approccio per singoli contesti sociali, favorendo una maggiore interazione tra la scuola, l’ambiente di lavoro, la comunità e i servizi sanitari e individuando l’Ente locale (Comune) quale macrocontesto in cui gli altri convergono;
- perseguire l’approccio di genere come un cambio di prospettiva e culturale affinché la valutazione delle variabili biologiche, ambientali e sociali, dalle quali possono dipendere le differenze dello stato di salute tra i sessi, diventi una pratica ordinaria al fine di meglio mirare gli interventi di prevenzione.
Ma dove il PNP fa (o meglio farebbe) fare un grande passo in avanti alle politiche di prevenzione delle Regioni è dove prevede che il profilo di salute ed equità della comunità rappresenti il punto di partenza per la condivisione con la comunità e l’identificazione di obiettivi, priorità e azioni sui quali attivare le risorse della prevenzione.
Se siete riusciti ad arrivare fino a qui vi sarete sicuramente resi conto che stiamo parlando di qualcosa che sarebbe uno straordinario passo in avanti nelle politiche per la salute. Ma in effetti la situazione è molto diversa e per tradursi in realtà quel Piano si confronta nella nostra Regione con queste criticità:
- gravissima carenza di risorse umane nei Dipartimenti di Prevenzione e nei Distretti;
- dissoluzione della rete epidemiologica, senza la quale non si fanno le analisi che servono a riconoscere le priorità, a scegliere gli interventi e a monitorarli;
- totale disattenzione della politica nei confronti della prevenzione (i Sindaci dovrebbero giocare un ruolo chiave, ma è difficile sentirli parlare di argomenti diversi dall’ospedale, il loro ovviamente).
In un contesto così il Piano della Prevenzione rischia di non entrare davvero nella agenda della politica sanitaria regionale, come testimoniato dal fatto che questa politica non ne parla e nulla ha fatto per coinvolgere in questo percorso cittadini e forze sociali. E un Piano della Prevenzione non condiviso per definizione è un Piano sbagliato. Peraltro per le Marche lo stimolo a una maggiore attenzione alla Prevenzione è indispensabile a partire dai luoghi di lavoro e dall’ambiente che non a caso secondo il PNP dovranno essere in ogni Regione oggetto “obbligatorio” di interventi mirati con questi titoli: “Luoghi di Lavoro che Promuovono Salute, “Prevenzione in edilizia ed agricoltura”, “Prevenzione del rischio cancerogeno professionale, delle patologie professionali dell’apparato muscolo-scheletrico e del rischio stress correlato al lavoro”, “Ambiente, clima e salute”.
Claudio Maria Maffei
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