Co-progettazione è quando una Pubblica Amministrazione stabilisce una collaborazione con un ente del Terzo settore per progettare insieme dei servizi che soddisfino sia le esigenze pubbliche che quelle private.
La sentenza della Corte Costituzione n. 131/2020 ha introdotto il concetto di Amministrazione condivisa ed ora le Pubbliche Amministrazioni ricorrono sempre più spesso a questa modalità di progettazione che coinvolge le risorse del privato sociale oltre alla compartecipazione di risorse tecniche e culturali.
Nello scorso mese di marzo il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con il Decreto n. 72 del 31/03/2021 ha approvato le Linee Guida attuative sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore (artt. 55-57 del Codice del Terzo settore) a supporto di chi intende intraprendere questo percorso.
Il percorso di co-progettazione prevede comunque una procedura di evidenza pubblica e trasparente gestita da un Responsabile Unico del Procedimento ma non obbliga all’applicazione del codice dei contratti pubblici. L’iniziativa può essere anche privata.
Le linee guida del Ministero descrivono il procedimento di co-progettazione: si parte dalla pubblicazione di un avviso pubblico contenente le istruzioni per la presentazione dei progetti, il sistema di valutazione e tutte quelle regole sullo svolgimento della procedura stessa.
Dalle proposte presentate dai privati si apre un confronto per la predisposizione del progetto che accoglie suggerimenti, pareri, idee dei partecipanti fino a raggiungere una configurazione che coinvolge tutte le parti pubbliche e private. Tale progetto viene assunto con atto motivazionale dalla Pubblica amministrazione e vengono attivate le risorse pubbliche e private necessarie.
Se ben gestita co-progettazione può rappresentare un’occasione concreta di partecipazione della cittadinanza all’ideazione e all’erogazione dei servizi pubblici integrati con il terzo settore.
La co-progettazione può sembrare uno strumento estremamente valido ma bisogna prestare attenzione a diversi aspetti partendo dalla considerazione che “decidere di co-progettare” e “co-progettare in pratica” sono due cose molto differenti.
Per ovviare a questa problematica è necessario dedicare un congruo spazio alla conoscenza reciproca prevedere una progettazione graduale discutendo di volta in volta le diverse proposte con tutti i soggetti coinvolti anche allo scopo di valorizzare al meglio le risorse di ciascun partner.
Co-progettare impone che tutte le parti si mettano in gioco destrutturando le modalità relazionali consolidate nel tempo con la rinuncia, da parte dell’ente pubblico proponente, del monopolio della conoscenza e del potere decisionale.
Bisogna, infatti, modificare il tradizionale rapporto di committenza in cui il pubblico “decide” e il privato “esegue” in favore di processi decisionali cooperativi e coopetitivi improntati ad una logica di governance.
Sul piano teorico questo cambio di paradigma appare semplice ma la sua concretizzazione è complessa e passa attraverso la ridefinizione del ruolo dell’attore pubblico come soggetto che, definite le priorità generali, funge da attivatore e integratore di risorse del territorio valorizzandone il ruolo attivo e propositivo del terzo settore.
Particolare attenzione va anche prestata al cofinanziamento inteso anche come impegno congiunto a reperire ed utilizzare le risorse e che può contribuire anche a responsabilizzare i partecipanti sia nella progettazione che nella realizzazione del progetto stesso.
Concludo ponendo l’attenzione alla normativa, legata anche alla riforma del terzo settore, la quale impone la relazione con enti strutturati e, inevitabilmente, lascia ai margini le realtà non strutturate ed occasionali che, spesso, sono le più ricche in capacità d’intravedere nuove soluzioni. Un buon percorso di co-progettazione deve tenere conto di tutte le voci provenienti dal territorio valorizzandole.
Paola Petrucci
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