Sono frequenti, in questi mesi terribili, le notizie di cronaca che riportano episodi violenti che vedono coinvolti i giovani in risse o devastazioni dell’arredo urbano. Le nuove generazioni, compresse dentro il recinto del confinamento imposto dalle norme antiCovid, stanno letteralmente esplodendo. Additati come untori, rinchiusi in casa senza alcuna attenzione per le conseguenze psicologiche scatenate dalla pandemia e dalla sua gestione, i ragazzi traducono in sintomi il loro spaesamento. E lo fanno rivelando il malessere endemico che scava la società di mercato. Il sintomo, ce lo insegna la psicoanalisi, denuncia dinamiche profonde e ambivalenti che vanno messe a fuoco. Moralismi e giudizi sprezzanti non servono a comprendere cosa sta accadendo e a porvi rimedio. Tanto meno sarà utile il metodo della repressione.

Non basta associare certi episodi incresciosi a un generico vandalismo o alla mancanza di rispetto per il bene comune. Questi giovani (ma altri ve ne sono che reagiscono diversamente alla crisi del presente) esprimono con l’aggressività e la perdita di controllo una ferita trasversale che insanguina il corpo sociale. L’infezione è in corso e non potrà essere arrestata senza dirci chiaramente che: 1) l’intera emergenza da coronavirus ha confermato quanto il potere e le istituzioni non abbiano a cuore i piccoli, gli adolescenti e i giovanissimi; 2) il mito neoliberale della competizione di tutti contro tutti e dell’individualismo consumistico nutrono il terreno per sempre nuove forme di violenza; 3) le politiche scolastiche e giovanili vanno ripensate radicalmente, liberando nei ragazzi creatività e desiderio di partecipare alla vita democratica, mettendo fuori gioco l’ideologia aziendalista e la retorica del “successo” tanto sbandierate dai mass media e, purtroppo, dai fatali riformatori della scuola italiana.

Se il futuro, come si dice, ha cambiato segno smettendo di essere una promessa e diventando una minaccia, dobbiamo allora tenere per mano le nuove generazioni e attraversare questa oscurità costruendo insieme un piacere comune della scoperta, una resistenza creativa al peggio, un ascolto condiviso e attento. Nulla di più complesso, niente di più necessario.

Paolo Bartolini

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