Di cosa parliamo quando parliamo di “territorio”. Terza puntata: I Dipartimenti di Prevenzione

C’è una Cenerentola nel dibattito sulla sanità, una Cenerentola che non ha perso una scarpina, ma ha perso una centralità nelle politiche sanitarie che invece i padri della Legge 833 (la unica vera grande riforma sanitaria) le avevano dato. Una premessa: ho molta meno familiarità con la organizzazione delle attività di prevenzione rispetto a quella che ho maturato rispetto ad altri settori della sanità, come gli ospedali e i distretti (nell’ordine). Ma nasco professionalmente come specialista in Igiene e Medicina Preventiva (così mi sembra si chiamasse allora) e sono un appassionato di sanità pubblica e quindi non mi è mai sfuggita l’importanza di avere una adeguata organizzazione delle attività di prevenzione. E quindi di prevenzione oggi voglio parlare.

Ho nominato prima la Legge 833 del 1978. Io sono nato professionalmente in perfetta coincidenza con la sua approvazione (mi sono laureato nel 1977) e ricordo come un mantra le tre P di quella legge: Programmazione, Prevenzione e Partecipazione. Ricordo benissimo queste tre P anche se l’ordine posso averlo confuso. Nelle Marche, viene sin troppo facile fare la battuta, due di queste P si sono perse per strada (le ultime due), mentre l’altra ha preso la strada sbagliata (la P di programmazione, cui infatti tolgo la maiuscola).

Perché la Prevenzione (a lei la maiuscola la lascerò per tutto il post) ha perso di appeal, di interesse per chi governa e gestisce la sanità? Ritardo di qualche capoverso la risposta per rispondere alla domanda non scontata: di cosa si occupa la Prevenzione e chi se ne occupa? La Prevenzione (mamma mia, un po’ mi vergogno a dare questa definizione) è quell’insieme di attività che contribuiscono a ridurre il carico di malattie e disturbi nelle comunità intervenendo sui fattori di rischio che le condizionano. Insomma, è tutto ciò che si può mettere in campo perché le malattie colpiscano meno frequentemente e, in subordine, più tardi. Ma in realtà oggi la tutela della Salute (anche per lei la maiuscola) non passa solo attraverso le attività di Prevenzione mirate alle specifiche malattie, ma passa anche (mi starebbe per sfuggire un soprattutto) attraverso le attività di Promozione della Salute, per la cui definizione mi rifaccio al sito dell’Istituto Superiore di Sanità che al tema della Prevenzione e Promozione della Salute dedica una pagina specifica. Ecco cosa leggiamo in questa pagina:

Tantissimi studi scientifici hanno dimostrato l’importanza della prevenzione e della promozione della salute per ridurre l’incidenza delle malattie e la mortalità e di conseguenza i costi per il Servizio sanitario nazionale (SSN) e per la società ma anche per favorire il mantenimento del benessere e della qualità della vita.

Malattie come il diabete di tipo 2, alcuni tipi di tumori e di demenze si possono in parte prevenire. Quasi l’80% dei casi di malattie cardiache e gli ictus possono essere evitabili se le persone sono disposte a modificare il proprio stile di vita. In una moderna concezione di salute la sua promozione e la prevenzione devono essere incentrate su azioni congiunte di vari settori della società, principalmente sui fattori di rischio comportamentali modificabili e sui determinanti di salute sociali, economici e ambientali, senza dimenticare l’importanza della diagnosi precoce, il ruolo cruciale delle vaccinazioni e il contrasto alle disuguaglianze.

In questo ambito, in accordo con le politiche promosse da agenzie internazionali come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), adottate dalle normative nazionali, le attività strategiche dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) si ispirano ai principi cardine del potenziamento delle capacità delle persone di fare scelte responsabili per il proprio benessere. In questa visione la prevenzione e la promozione della salute abbracciano tutte le fasi della vita e considerano la salute non più responsabilità del solo SSN.

Messe così la Prevenzione e la Promozione della Salute non sono solo compito della sanità, ma sono al centro di tutte le politiche, a partire da quelle che influiscono sulle diseguaglianze sociali e sulla Salute dell’ambiente e sul clima. Ma poi qualcuno all’interno della sanità propriamente detta e quindi del Servizio Sanitario Nazionale e dei Servizi Sanitari Regionali se ne deve specificamente occupare. Questo qualcuno è rappresentato dai Dipartimenti di Prevenzione. Quali siano gli ambiti di attività di questi Dipartimenti lo troviamo in una pagina nel sito dell’Azienda Sanitaria Unica delle Marche a loro dedicata: Epidemiologia e Promozione della Salute, Igiene e Sanità Pubblica, Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro, Sanità Pubblica Veterinaria, Screening Oncologici, Sicurezza Alimentare e Nutrizione.

Dell’importanza di questi Dipartimenti rischiamo di ricordarci solo quando scopriamo che ci sono troppi incidenti sul lavoro, quando mancano i dati epidemiologici nelle aree ad elevato rischio ambientale o quando, come è successo in questa pandemia, non si è riusciti a star dietro alle cosiddette attività di tracciamento, quelle che ogni nuovo caso avrebbe dovuto innescare. A questi Dipartimenti mancano le risorse per fare quello che alla nostra comunità servirebbe molto di più, ad esempio, delle tecnologie che tanto piacciono alla cattiva politica (super TAC, super RMN, chirurgia robotica, ecc). Nelle Marche questa carenza è peggiore che altrove, come documentato già un paio di anni fa in un mio post del mio “vecchio” blog. Il post era dedicato al commento del XIV Rapporto Meridiano Sanità di The  European House – Ambrosetti (EUHA), commento nel quale ricordavo che le Marche si caratterizzavano per il sottofinanziamento della prevenzione in generale e di quella nei luoghi di lavoro in particolare. La percentuale della spesa sanitaria regionale dedicata alla prevenzione era stata nel 2017 solo del 3,5% (terz’ultima Regione in Italia) e di questa solo l’8%  era stato dedicato alla prevenzione nei luoghi di lavoro. Nel frattempo la situazione non è certo migliorata.

Perché tanta sottovalutazione del ruolo della Prevenzione e della Promozione della Salute? Perché, anche se secondo Benjamin Franklin “un’oncia di prevenzione, equivale a una libbra di cure”, la politica non si è mossa dal vecchio slogan “case, scuole, ospedali”. La sanità post pandemia questo slogan lo dovrà nella sua terza parte rivedere sostituendo “salute” a “ospedali”.

In un prossimo post parlerò di come il cosiddetto Recovery Plan vede la futura Prevenzione di cui prevede una riforma complessiva.

Claudio Maria Maffei

PS Oggi magari lo slogan è diventato “case, scuole, ospedali e … banda larga”. Debbo chiedere…

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