Da oggi l’Italia ha un Amministratore Delegato. È Mario Draghi, che assume una funzione di supplenza politica lì dove i partiti si sono rivelati del tutto incapaci. A guidare il governo arriva un altro (l’ennesimo) “uomo della provvidenza”, con la differenza che da tempo essa è stata sostituita dai Mercati. La democrazia nel nostro Paese è sotto la tutela delle oligarchie finanziarie e di una Unione Europea che rimane legata all’ideologia neoliberista.
Il compito di affrontate l’epidemia impone di riorganizzare sistematicamente la società italiana. Questo esige il rilancio della democrazia e chiede di rimettere al centro la giustizia sociale e l’ecologia integrale, la lotta allo sfruttamento e alla precarizzazione, l’alleanza con le nuove generazioni, il pieno riconoscimento della differenza di genere (con tutte le conseguenze che comporta), l’apertura di percorsi di cittadinanza per le persone migranti. Invece l’occasione di rinnovamento è stata clamorosamente mancata e la speranza di un risanamento della vita pubblica è stata tradita. Perciò ci troviamo con un governo che, mentre include con pieno riconoscimento partiti come la Lega e Forza Italia, è guidato dall’ex presidente della BCE e affida il Ministero dell’economia al direttore generale della Banca d’Italia.
Veramente propagandistica, inoltre, è la creazione del “Ministero per la transizione ecologica”. Questa “novità” basta da sola a rivelare l’inaffidabilità del nuovo esecutivo. Perché si attui la transizione ecologica servirebbero tre condizioni. La prima è data dalla visione e dalla scelta che devono ispirare la transizione. Ma il presidente del Consiglio resta un tecnico dei Mercati. La Grecia ricorda bene quale sia la logica che lo muove. La sua imperturbabile dichiarazione sulla morte del modello sociale europeo, mai rettificata in seguito, è del 2012. Non credo che nel frattempo Draghi abbia avuto una conversione alla democrazia sociale e all’ecologismo.
La seconda condizione è data da attori politici adeguati e credibili. Ma da Fratelli d’Italia al PD passando per il Movimento cinque stelle, la logica di questi partiti è rimasta quella di esercitare il potere sempre in omaggio al capitalismo globale. Il fatto che il nuovo ministero sia affidato a un esperto di innovazione tecnologica e di robotica come Roberto Cingolani (e non certo di ecologia) indica quanto ci troviamo in presenza di una manovra di facciata. La terza condizione è data da un’agenda governativa congruente con l’obiettivo della transizione. Ma nell’agenda di Draghi la rigenerazione dell’economia viene citata secondo la solita ottica delle logiche finanziarie. L’europeismo e l’atlantismo figurano in totale continuità con la politica dell’Unione Europa e con l’egemonia degli USA. La scuola viene evocata, ma ovviamente per ridefinirla secondo gli imperativi del mercato. Sul problema dei migranti nulla lascia presagire una svolta. In sintesi, è evidente la contraddizione tra questa agenda e un programma di autentica transizione ecologica democratica.
Che cosa fare in una situazione così difficile? Anzitutto bisogna chiamare le cose per nome, offrendo alle persone elementi di riflessione critica. E bisogna agire con più energia per liberare la democrazia italiana dalla tutela a cui viene sottoposta. Le comunità locali devono impegnarsi a costruire una strada per il rilancio e il rinnovamento della democrazia. Una strada che prende forma nella convergenza tra un progetto di transizione effettiva, un metodo d’azione partecipata, un risveglio della fiducia collettiva nella possibilità di un’alternativa etica ed ecologica.
Sono obiettivi ardui, ma intanto dobbiamo coltivarli come un seme prezioso e carico di futuro. È in questa direzione che, seppure nel piccolo ambito delle Marche, “Dipende da Noi” sta lavorando. In Italia altri soggetti collettivi si stanno muovendo in senso analogo. La strada è lunga, ma non è certo il caso di scoraggiarsi. Al contrario, occorre comprendere meglio insieme come possiamo rendere feconde le nostre attività e le nostre speranze.
Roberto Mancini
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