In questo momento con Draghi mi pare che l’Italia stia vivendo una sorta di favola. I draghi sono in effetti un tipico elemento fiabesco. Ho voluto documentarmi al riguardo e ho trovato di grande utilità la Enciclopedia dei Ragazzi della Treccani (ovviamente reperibile in rete) che alla voce “draghi ed altri animali fantastici” ha questo passaggio: “Non c’è dubbio: i draghi sono molto cambiati. Ieri erano il simbolo delle forze maligne, oggi invece sono loro gli eroi del bene.” Ma com’è vera questa frase a sentire in giro delle mirabolanti trasformazioni che il nuovo premier Draghi ha operato sul clima politico e sui politici. La favola che ti viene in mente è però “Il principe ranocchio”, quella del ranocchio, appunto, che un bacio trasforma in principe. Nella versione Walt Disney però, perché pare che nella versione originale dei fratelli Grimm (cattivissimi) il ranocchio venga in realtà scaraventato contro una parete.
Provo ad aprire la mia piccola finestra sul mondo della sanità per cercare di rispondere alla domanda del titolo del post, che riformulo: cosa ci possiamo realisticamente aspettare dal nuovo governo Draghi prendendo come esempio la politica sanitaria?
Che cosa ci si aspetti in generale da Draghi penso sia chiaro, visto che pare chiaro persino a me: che l’Italia non perda la straordinaria occasione costituita dal cosiddetto Recovery Plan. E allora vediamo più da vicino in cosa consiste questo Piano e com’è stato almeno per ora formulato, sempre avendo come riferimento la sanità. Liberiamoci subito dell’inglese: si tratta in realtà del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). A proposito, non è che l’italiano sia tanto meglio: a me ‘sta “resilienza” non convince. E’ uno splendido concetto, ma ne parlano troppo troppe persone senza consapevolezza. Adesso diamo una occhiata a questo Piano partendo dalla ultima versione disponibile. Per la Sanità i miliardi sono passati dagli iniziali 9 a quasi 20, su un totale di 210 miliardi di euro complessivi.
Quali sono gli obiettivi cui è previsto di destinare questi 20 miliardi, rispetto ai quali le Marche possono aspettarsene tra il 2 e il 3% (stiamo parlando di una cifra attorno ai 500 milioni di euro quindi)? Questo Piano a grandi linee mantiene fermi gran parte degli obiettivi che il Servizio Sanitario Nazionale si era già dato negli ultimi anni. Per fare alcuni esempi, si ritrovano nel Piano i due seguenti obiettivi generali da anni all’ordine del giorno ed oggetto di disposizioni e indicazioni da parte del livello centrale con atti passati anche dalla Conferenza Stato-Regioni:
• intervenire con azioni di rafforzamento sia del sistema ospedaliero sia, in particolare, della rete dell’assistenza territoriale;
• realizzare ospedali sicuri, tecnologici, digitali e sostenibili.
Questi due obiettivi di fatto riproducono le indicazioni dei due atti che integrati e resi coerenti tra loro avrebbero potuto già costituire la ossatura di una sanità più pronta ad affrontare le pandemia e cioè il Decreto Ministeriale 70/2015 e il Piano Nazionale della Cronicità. Atti che le Regioni avrebbero dovuto rendere operativi, cosa che non hanno fatto o hanno fatto solo in parte o solo sulla carta come le Marche.
E allora la domanda è: perché non si è fatto fino ad oggi quello che ora si ripropone di fare? A me pare ovvio che se non si modificano i fattori che hanno impedito la realizzazione di quanto già previsto da anni (pensiamo al riequilibrio tra ospedale e territorio) non vedo come la favola del titolo possa diventare realtà. La risposta alla domanda qui sopra (perché non si è agito?) è ovviamente complessa, ma un tentativo si può fare. Credo personalmente che sulla qualità della nostra sanità (compresa quella della nostra Regione) abbiano influito alcuni fattori esterni e alcuni fattori interni. I fattori esterni sono stati il sottofinanziamento e la presenza di vincoli “ottusi” come il tetto di spesa del personale. La pressione di questi due fattori è stata asfissiante, tanto più quanto hanno esercitato il loro effetto su Regioni mal governate. Malgoverno che è un termine che ricomprende quelli che io chiamo fattori interni.
Prendiamo il (mal)governo della sanità della nostra Regione. Da quattro legislature, compresa quella attuale, si è assistito ad un progressivo abbassamento della qualità della politica sanitaria caratterizzato a mio parere da:
- perdita di quella visione di sistema che serve per prendere decisioni in grado di tenere cono della complessità della risposta ai bisogni sociosanitari della popolazione;
- una logica (logica?) programmatoria condizionata dalla ricerca del consenso e dal perseguimento di pochi obiettivi “di immagine” e “di interesse”;
- la trasformazione del supporto tecnico alla politica da funzione autonoma e responsabile a funzione “ancillare” affidata a mediocrati, funzionari e dirigenti magari capaci (spesso lo sono), ma totalmente condizionati dalla politica;
- progressivo scollamento del rapporto tra governo politico, cittadini e mondo professionale;
- abbandono di qualunque forma di intervento per progetti, in cui si parte dai dati, per poi scegliere, agire e verificare;
- scelta della autoreferenzialità come stile di comunicazione e della mancanza di confronto come metodo di lavoro.
I risultati negativi di questo percorso “evolutivo” per chi li sa vedere sono negativi ed evidenti, testimoniati tra l’altro della perdita di posizioni delle Marche nelle classifiche ministeriali sulle sanità regionali. Ma testimoniati soprattutto dal vissuto di cittadini ed operatori. E di questo la responsabilità è innanzitutto – lo ripeto – delle precedenti Giunte. Ma lo stesso stile di governo si ritrova, a volte persino peggiorato, anche nella “cattiva” gestione della seconda fase della pandemia da parte di questa nuova, ormai manco tanto, Giunta, come ho scritto qui nel mio primo articolo.
Draghi e il Recovery Plan potranno in sanità modificare quelli che ho chiamato fattori interni (vincoli e risorse), ma quelli interni chi e come li modificherà “con un bacio”? Come si riuscirà a trasformare la politica ed il suo modo di lavorare, di utilizzare i tecnici e di rapportarsi ai cittadini ed alle forze sociali? Se non si riuscirà ad intervenire anche su questi fattori il Recovery Plan pure se finanziato e magari finanziato tanto non porterà ai risultati attesi. Con l’aggiunta per la nostra Regione che la sanità immaginata dalla Giunta Acquaroli non assomiglia molto a quella prevista nel Recovery Plan. Ma di questo parleremo un’altra volta.
Claudio Maria Maffei
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