Siamo immersi in un paradosso di portata epocale. L’emergenza climatica, la crisi energetica e l’inasprirsi delle disuguaglianze sociali, ci ricordano che abbiamo poco tempo per invertire la rotta. Per uscire dalla società della crescita a ogni costo, e sfuggire alle sue pulsioni autodistruttive, dobbiamo cambiare direzione e dar vita a forme di convivenza e di sussistenza più sostenibili e responsabili. Tutto questo evitando la tagliola dello sviluppo green e della sua retorica truffaldina: quella che vorrebbe farci credere che il capitalismo sia compatibile con i limiti e la complessità degli ecosistemi.

D’altro canto, lo spirito del tempo è quello della fretta, dell’accelerazionismo che fulmina ogni sentire graduale e ogni pensiero fine. L’invito a correre e a velocizzare i processi è talmente insito nella nostra configurazione culturale, da compromettere ogni scelta ed azione riflessiva. Non dobbiamo allora cadere nell’altra trappola, quella dell’ansia e dell’illusione di una trasformazione immediata dell’esistente. Chi ci ha provato ha lasciato dietro di sé cumuli di rovine, nonostante le intenzioni iniziali.

Ecco, allora, che dobbiamo avere il coraggio di abitare questa ambivalenza senza precipitare nell’impotenza. Siamo chiamati a riconoscere, come Dipende da Noi e come persone che sognano una liberazione, che i tempi sono stretti se vogliamo contenere i danni inflitti al pianeta da un modello di produzione e consumo smisurato e criminale, e che un’ampia massa critica non si costruisce in due o tre anni. Dovremo coniugare pazienza e prontezza, passione e meditazione, senza alcuna certezza di riuscita. La speranza, insomma, non si nutre più della promessa di un futuro radioso che attende solo noi, ma dei battiti sincronizzati dei nostri cuori: ora, qui, dove si semina il mondo risvegliato che vorremmo. Qui e ora dove accettiamo di fare i conti con tutto il non-sapere che viene messo in gioco nell’era complessa. La politica, come la vita, è un’avventura.

Paolo Bartolini

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