Farcene qualcosa della rabbia

Sono tempi delicati, attraversati da contraddizioni ed esasperazione, ingiustizie e sfiducia. Come previsto il Covid-19 sta svolgendo il ruolo di acceleratore delle criticità già presenti nel sistema neoliberista. La sensazione è che l’odierna configurazione sociale manchi di anticorpi per frenare l’avanzata di nuove forme di violenza. In questo caos – creato dai meccanismi inerziali del turbocapitalismo e dall’incapacità dei governanti di prevenire il peggio con saggezza e lungimiranza – assistiamo a forme di rivolta che denunciano inquietudine, scontento e frustrazione diffusi. Se è indispensabile disinnescare la violenza, è altrettanto importante ascoltare la rabbia, accoglierla e trasformarla in proposta.

La rabbia è un’emozione, individuale e collettiva, che porta in sé, incapsulato, un nucleo di energia pura degno del massimo rispetto. Al contempo, se non viene trasformata, la rabbia può facilmente degenerare. Ecco allora che viene chiesto a ognuno di noi uno sforzo non da poco. Si tratta di resistere a due tentazioni opposte e complementari: la prima è quella di chiudere gli occhi e di non voler comprendere perché certe reazioni si stiano scatenando (ormai diverse sono le manifestazioni indette contro le misure emergenziali decise dal Governo); la seconda è quella di approvare in maniera indiscriminata ogni forma di ribellione allo stato delle cose, senza esaminare attentamente i vettori in gioco e i possibili esiti (spesso reazionari e autoritari) di proteste che sono cavalcate abilmente dai soliti noti: neofascisti, mestatori vari, criminalità organizzata ecc. Del resto è innegabile che coloro che hanno negato o minimizzato la natura patogena del Covid-19, e i suoi effetti sulla salute delle persone, sono riusciti in questi mesi solo a inasprire il dibattito in corso, creando un clima di contrapposizione sterile nel nostro Paese e impedendo un’ampia convergenza su una piattaforma di rivendicazioni antiliberiste e democratiche. Tutto questo quando la necessità di prenderci cura gli uni degli altri dovrebbe essere il centro di ogni mobilitazione delle coscienze.

Dipende da Noi nasce e cresce come movimento di impegno civile non violento, estremamente attento alla qualità della comunicazione e alla forma delle proprie richieste. Oggi come oggi crediamo che la rabbia sociale sia un potente segnale di allarme e che sia sciocco e pericoloso trascurare il suo messaggio. Per affrontare i mesi che ci aspettano, in un clima di crescente tensione per l’aumento dei contagi e per la situazione recessiva dell’economia, è indispensabile non sbagliare le parole d’ordine e le azioni concrete da mettere in campo. Giocare con il fuoco è assai pericoloso. Ecco perché tre punti sono da riconoscere come dirimenti in questo momento:

  1. rafforzare notevolmente la sanità pubblica e i trasporti;
  2. istituire un reddito di base incondizionato e mettere in campo risorse per sostenere tutti coloro che subiscono la situazione corrente (artigiani, precari, piccoli imprenditori, commercianti, ristoratori, lavoratori della cultura e dello spettacolo, liberi professionisti ecc.);
  3. tutelare il diritto costituzionale a manifestare il proprio dissenso nel rispetto della incolumità di tutte/i.

E i soldi dove li prendiamo? La risposta è semplice: là dove ce ne sono di più, ad esempio istituendo una tassa patrimoniale; riducendo drasticamente le spese militari e gli incentivi alle aziende socialmente ed ecologicamente non responsabili; valutando seriamente l’adozione di una moneta parallela all’euro e/o l’impiego di certificati di credito fiscale. Anche i denari del Recovery Fund, quando arriveranno, dovranno essere impiegati in maniera oculata per sostenere larghe fasce della popolazione colpite dalla crisi e non per finanziare iniziative di corto respiro dettate dai soliti gruppi di interesse privati.

La rabbia, se ascoltata, può diventare progetto. Se negata e repressa può distruggere le nostre vite.

Paolo Bartolini

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